lunedì 16 novembre 2015

A MANZONI.Panni in arno 136.c.XXXVII.


ALESSANDRO MANZONI,I PROMESSI SPOSI,CAPITOLO TRENTASETTESIMO,LETTO E CAPITO?



UTILE,PER VERIFICARNE LA COMPRENSIONE,RISPONDERE ,PER OGNI BRANO DI SEGUITO PROPOSTO,A DUE DOMANDE:

1)SAPIC(SIAMO AL PUNTO IN CUI....),
2) LPVD(LE PAROLE VOGLIONO DIRE....).



CORAGGIO,BASTA POCO,E....SEMPRE TESTO DEL ROMANZO A PORTATA DI CONSULTAZIONE...







Per ogni brano del capitolo XXXVII de I Promessi Sposi,provare a rispondere come esemplificato in lemarancio panni in Arno 3.



Cap.XXXVII,r.298.

                       La prima,che,quando Lucia tornò a parlare alla vedova delle sue avventure,più in particolare,e più ordinatamente di quel che avesse potuto in quell'agitazione della prima confidenza,e fece menzione più espressa della signora che l'aveva ricoverata nel monastero di Monza,venne a sapere di costei cose che,dandole la chiave di molti misteri,le riempirono insieme l'animo d'una dolorosa e paurosa maraviglia.Seppe dalla vedova che la sciagurata,caduta in sospetto d'atrocissimi fatti,era stata,per ordine del cardinale,trasportata in un monastero di Milano; che lì, dopo molto infuriare e dibattersi,s'era ravveduta,s'era accusata; e che la sua vita attuale era supplizio volontario tale,che nessuno,a meno di non togliergliela,ne avrebbe potuto trovare un più severo.Chi volesse conoscere un po' più in particolare questa trista storia,la troverà nel libro e al luogo che abbiam citato altrove,a proposito della stessa persona*.
    *Ripam.Hist.Pat.Dec.V,Lib.VI,Cap.III.



Cap.XXXVII,r.311.

                 L'altra cosa è che Lucia,domandando del padre Cristoforo a tutti i cappuccini che poté vedere nel lazzeretto,sentì, con più dolore che maraviglia,ch'era morto di peste.



Cap.XXXVII,r.318.

                             ma intorno a don Ferrante,trattandosi ch'era stato dotto,l'anonimo ha creduto d'estendersi un po' più; e noi,a nostro rischio,trascriveremo a un di presso quello che ne lasciò scritto.



Cap.XXXVII,r.325.

                         " In rerum natura," diceva," non ci son che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio non può esser né l'uno né l'altro,avrò provato che non esiste,che è una chimera..."



Cap.XXXVII,r.331.

                       "... Non è sostanza aerea; perché, se fosse tale,in vece di passar da un corpo all'altro,volerebbe subito alla sua sfera. Non è acquea: perché bagnerebbe,e verrebbe asciugata da' venti. Non è ignea; perché brucerebbe. Non è terrea; perché sarebbe visibile.Sostanza composta, neppure; perché a ogni modo dovrebbe esser sensibile all'occhio o al tatto; e questo contagio chi l'ha veduto? chi l'ha toccato? Rimane da vedere se possa essere accidente.



Cap.XXXVII,r.342.

                           "... Che se,per evitar questa Scilla,si riducono a dire che sia accidente prodotto,danno in Cariddi: perché, se è prodotto,dunque non si comunica,non si propaga,come vanno blaterando.Posti questi principi,cosa serve venirci tanto a parlare di vibici,d'esantemi,d' antraci ..?."



Cap.XXXVII,r.349.

                      ".... Vibici,esantemi,antraci,parotidi,bubboni violacei,foruncoli nigricanti,son tutte parole rispettabili,che hanno il loro significato bell'e buono; ma dico che non han che fare con la questione. Chi nega che ci possa essere di queste cose,anzi che ce ne sia? Tutto sta a veder di dove vengano."



Cap.XXXVII,r.358.

                           Ma quando veniva a distinguere,e a voler dimostrare che l'errore di que' medici non consisteva già nell'affermare che ci fosse un male terribile e generale; ma nell'assegnarne la cagione; allora( parlo de' primi tempi,in cui non si voleva sentir discorrere di peste), allora,in vece d'orecchi,trovava lingue ribelli,intrattabili; allora,di predicare a distesa era finita; e la sua dottrina non poteva più metterla fuori,che a pezzi e a bocconi.



Cap.XXXVII,r.365.

                               "... La neghino un poco,se possono, quella fatale congiunzione tra Saturno e Giove..."



Cap.XXXVII,r.374.

                              " E tanto affannarsi a bruciar de' cenci! Povera gente! brucerete Giove? brucerete Saturno?"
His fretus,vale a dire su questi bei fondamenti,non prese nessuna precauzione contro la peste; gli s'attaccò; andò a letto,a morire,come un eroe di Metastasio,prendendosela con le stelle.
E quella sua famosa libreria? E' forse ancora dispersa su per i muriccioli. 



Ciao,amori.





CONTINUA CON BRANI DEL CAPITOLO XXXVI.


4 commenti:

  1. R.298, tramite la mercantessa di cui Lucia era ancor ospite,per la quarantena, viene narrata la storia della monaca di Monza,dal momento in cui aveva cooperato a rapire Lucia,fino all'agosto del 1630.

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  2. R.311,r.318, tocca ora alle notizie sulla fine di altri due personaggi del romanzo:padre Cristoforo e don Ferrante.Del primo Lucia viene a sapere semplicemente e dolorosamente che è morto;del secondo il lettore è informato più accuratamente,riguardo i suoi ultimi giorni.

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  3. R.325-365, sillogismi e sproloqui di don Ferrante per negare la peste.... Buona lettura,merita veramente il fatto di poter godere della presa in giro signorile di Manzoni.

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  4. R.374,don Ferrante fidando nella sua sapienza,non prende precauzioni contro il contagio e...muore come un eroe metastasiano.I libri della sua famosa libreria? Dispersi, ancor al tempo di Manzoni ,su qualche bancarella.Two. Tocca allo schema...speriamo.

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