martedì 30 giugno 2015

Exegetice platonis 7


L'accademia platonica.



         L'ambiente della scuola era straordinario anche perché riusciva a declinare il metodo della ricerca nel modo di vivere più lieto che potesse toccare a un greco amante della scienza, cioè lo stare insieme con gli amici a discutere per lungo tempo.



In un certo senso, in questo modo si realizzava l'ideale Pitagorico della purificazione scientifica, cioè del liberarsi dalle pene, dalle miserie personali(Speusippo,il primo scolarca,continuo' a recarsi in Accademia anche quando rimase paralizzato!)e dalle preoccupazioni politiche(Atene viveva allora in un equilibrio precario fra Spartani e Tebani,dopo aver perso la sua supremazia a causa del disastro della Guerra del Peloponneso), per accedere a una tranquillità interiore, in una dimensione di pura luce intellettuale, in cui la gioia della scoperta annullava ogni altra negativa sensazione.



Insomma, il metodo dialettico su cui era organizzata la ricerca, obbligava in un certo senso all'amicizia e alla convivenza.



Platone stesso fissava il problema cui ciascuno era tenuto a dare la sua risposta in ordine alla sua competenza. Ma poi la maggior parte del tempo scorreva criticando le posizioni in campo, così che, come da una specie di vaglio, dalle discussioni uscissero concezioni salde e provate senza che nessuno si sentisse mortificato dalla critica.



Ciò richiedeva una presenza assidua, un paziente ascolto e una pacata analisi, condizioni che si danno solo in un clima di serenità. Inoltre, richiedeva rispetto e libertà , rispetto per le posizioni altrui, libertà nel proporre le proprie. Per esempio, Speusippo,(nipote di Platone,figlio di sua sorella), per quanto fosse tutt'altro che allineato sulle posizioni di Platone ( si spinse a negare la dottrina delle idee!), fu scelto da lui come suo successore.



E Aristotele non lesinò mai critiche al maestro e tuttavia poté rimanere nell' Accademia per vent'anni ( dal 367 al 347, più tempo di quanto sia restato nella sua scuola, il Peripato), e qui si formò non solo nella dottrina filosofica, ma anche nel metodo scientifico.



Anche in un altro caso una ragione di scienza diveniva motivo di convivenza per sviluppare una ricerca: quando, per esempio, la definizione diairetica-che è un procedimento logico di tipo filosofico- venne trasferita alle ricerche sugli animali per realizzare la loro classificazione.



O ancor meglio, quando un problema posto da Platone innesco'un grande progresso nelle scienze matematiche tale da anticipare la sintesi di Euclide negli Elementi. Oppure quando, ponendosi la questione dei movimenti apparentemente irregolare dei pianeti, gli astronomi presenti(Eudosso,Callippo,Eraclide Pontico e forse lo stesso Aristotele) furono spinti a formulare teorie astronomiche destinate a durare secoli. 



Una comunicazione di metodi e contenuti scientifici di tale portata implicava livelli di collaborazione elevati, non che una disponibilità prolungata e sincera, che solo la comunità di intenti poteva garantire. Si tratta di un 'amicizia indotta e guidata dalla scienza, che sottopone alla verità tanto i rapporti fra idee quanto quelli fra le persone, non deprimendo questi ultimi, anzi elevandoli in un ambito ideale: quello in cui Platone aveva scelto di passare la sua vita.



     Fine exegetice.







lunedì 29 giugno 2015

Exegetice platonis 6

Considerazioni su Platone.

Parte 6.

Il dualismo a livello ontologico.



Problema formidabile,leggendo Platone: come spiegare il rapporto fra il mondo delle idee, in cui domina l'immobilità dei concetti, e quello della materia, in cui domina il divenire degli oggetti.


In verità, un buon aiuto nella soluzione di questo problema veniva a Platone dall'antico filosofo Pitagora, il quale mostrava che i numeri avevano un grande potere sulla realtà di cui erano i sovrani regolatori, ma per questo non rinunciavano a una stretta parentela con le verità ideali. Grazie a tale rapporto, come affermava il maestro Pitagora, nei numeri non c'è menzogna o, per dirla in termini moderni, la matematica è una scienza esatta. Insomma, pur ammettendo il grande divario fra i due mondi, Platone poteva far notare l'esistenza di un ponte fra di essi. Questo si rivela chiaramente nel caso del DIVENIRE :senza i NUMERI esso sarebbe un movimento caotico e invece, in virtù di essi, si trova inserito in una serie di prima e di poi che lo dirigono saldamente in un'unica direzione.


Pertanto, " .....dell'ETERNITÀ che permane nell'unità propria delle idee, si fa un' immagine(anch'essa eterna) che procede secondo il numero: quella che abbiamo chiamato TEMPO".


Potremmo dire che, se pure le cose sono molte e disparate, almeno il loro ordine temporale è uno.


In verità il numero non è la sola realtà intermedia fra il mondo delle idee e quello sensibile : anche l'anima che tiene insieme e in vita i corpi è dello stesso genere, e anche tutte le figure geometriche, che peraltro hanno uno stretto rapporto col numero.


Tuttavia, anche le realtà matematiche hanno lo stesso limite che hanno le idee: non sono cause efficienti di nulla , se qualcuno non da' loro la forza di agire sulla materia, non possono da sole uscire dalla loro  immobilità .


E questo è il Demiurgo. Sulla natura del DEMIURGO Platone non è chiaro, ma sulla sua funzione sì. Demiurgo in greco vuol dire artefice e ancora meglio artista; e per quanto nel nostro caso si tratti di un artefice del tutto speciale(divino), non per questo va oltre alla sua funzione abituale. Anche lui ha bisogno di tre elementi per esplicare la sua attività: un materiale su cui agire, un'idea da attuare, uno strumento da usare. La materia su cui agisce già la conosciamo " è quella che si genera e perisce e non è mai pienamente essere."
Essa è di per sé disordinata e brutta. L'idea a cui ispirarsi, o se si preferisce, il progetto da sviluppare, è il Mondo delle idee nel suo complesso, a cui il divino artista si ispira. Infine lo strumento che usa è il numero, o meglio le forme geometriche che dal numero derivano. Su questo aspetto è bene insistere. La forma di cui all'inizio si serve il Demiurgo  e'il triangolo, ed è ovvio che sia così, perché il triangolo è la figura più semplice della geometria. Con questo strumento originario, il dio fa le parti originarie del mondo, cioè gli elementi. Secondo il Timeo i quattro elementi sono associati a quattro figure solide e precisamente il fuoco alla piramide( il tetraedro, che effettivamente ricorda la fiamma),la terra al cubo(forse in ragione della sua stabilità) e inoltre l'ottaedro(con otto triangoli)è connesso all'aria e l'icosaedro(venti triangoli equilateri) è il principio dell'acqua. Così, gli elementi della geometria vanno a costituire gli elementi della fisica, e quindi realizzano il nesso fra il mondo ideale e quello materiale.
Ma vi è una seconda mediazione attuata dal Demiurgo, ed è quella che porta alla formazione dell'anima del mondo, che assimila, in una maniera un po' complessa ma nella sostanza chiara, a una struttura numerica coincidente con quella musicale, così che, come sottolinea Giovanni Reale, i movimenti che l'anima imprime riconducono nell'ordine armonico i movimenti caotici del principio materiale.


Anche i cieli con gli astri sono dotati di intelligenze e così pure le anime umane. In questo modo la razionalità che si concentrava nelle idee e nel loro sistema, può diffondersi per tutto il cosmo. La forma concreta che questa razionalità assume è quella dell'armonia. L'anima del mondo, ha scritto lo storico della filosofia Evanghelos Moutsopoulos, è". .. veicolo di un 'armonia in quanto prodotto di due opposti, cioè derivante dall'unione dell'essere fisico e dell'essere ideale e intermedio che partecipa di entrambi... Questa mescolanza degli opposti porta alla costruzione degli intervalli di una scala musicale assoluta....."
Come dire che tutto l'universo finisce in musica, essendo la musica la forma sensibile più immediata dell'ordine matematico. L'azione del Demiurgo nella sua completezza va dunque intesa come il massimo sforzo di unificazione dei due mondi, sensibile e sopra sensibile, in quanto riesce a fondere in un unico nesso potentemente rafforzandola, la forza unificatrice dei numeri con quella dell'anima, ambedue  realtà intermedie. Ma ciò significa che, come il Demiurgo ha preso a modello ogni singola idea per fare il mondo, così ha preso spunto dal principio dell'uno nella sua azione creatrice.




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domenica 28 giugno 2015

Exegetice platonis 5.

I flilosofi al potere.



Parole di Platone tratte da La Repubblica:".... non ci sarà riposo dai mali, per lo Stato e credo neanche per il genere umano, se prima i filosofi non raggiungeranno il potere negli Stati, oppure se quelli che oggi si arrogano il titolo di re o sovrani non si metteranno a filosofare seriamente."



La funzione e l'immenso potere del filosofo ,rappresentati nella Repubblica,non sono frutto di una riflessione politica, quanto di una deduzione teorica dai principi filosofici : come nel mondo archetipo delle idee, al vertice ,si trova l'idea del Bene e tutto il resto dipende da essa, così avviene nello stato ideale, tenendo conto che i filosofi hanno un rapporto diretto con l'idea del Bene e quindi possono rendere buono lo Stato.



In tal modo lo Stato corrisponde a un' istituzione etica.



Come il bene, entrando nell'anima concupiscibile la rende temperante, penetrando in quella irascibile la rende coraggiosa e in quella razionale la fa sapiente, così avverrà quando si cala nelle classi corrispondenti dei Mercanti, dei Soldati e dei Filosofi : anche  esse saranno temperanti, coraggiose e sapienti se si orientano verso l'idea del Bene, o meglio se obbediscono a chi la sa contemplare.



Resta fuori dal gioco  la quarta virtù cioè la Giustizia, che pure è la più importante(principio inderogabile di comportamento,dice Platone), per il semplice motivo che essa non è una virtù accanto alle altre ma la sintesi delle prime tre.


 La GIUSTIZIA emerge nell'uomo e nello Stato, quando ciascuna parte dell'anima compie l'opera propria nell'ordine dovuto:
"... noi abbiamo affermato e più volte ribadito che ogni singolo cittadino deve assolvere a un solo compito nei confronti della Città, quello per il quale la sua natura, all'atto della nascita, l'ha reso più adatto... Giustizia è fare ciò che ci tocca e non mettere le mani dappertutto."   (Platone,Resp.)



 
continua ....


Può servire a capire veramente queste parole : yt CARLO SINI,PLATONE.

(indicazioni ulteriori per video e supporti www ,su Platone, in LEMARANCIO BLOG ARGOMENTI E SUPPORTI,in calce all'elenco dei titoli delle raccolte di post su vari argomenti).




sabato 27 giugno 2015

Exegetice platonis 4

La politica ne "La Repubblica  " e nelle "Leggi."


La disciplina e l'ordine perfetto dello stato ideale disegnato ne La Repubblica platonica, sono lontani dalla sensibilità moderna e sono irrispettosi della dignità individuale.


Ciò dipende dal fatto che esso non ha una necessaria attuazione nel reale,e,citando l'autore " il suo modello si trova nel cielo a disposizione di chi desideri contemplarlo e contemplandolo, voglia in esso fissare la sua dimora. Non ha quindi importanza che una siffatta città o attualmente esista o possa esistere in futuro; però comunque  il filosofo (con la contemplazione)potrebbe occuparsi solo di questa città e non di un'altra".



Questo fatto spinge Platone a formulare un'altra teoria politica(soprattutto nelle Leggi e nel Politico), non in alternativa allo stato ideale, che comunque resta valido in funzione di modello, ma diversa, nel senso che tiene conto del mondo reale, il quale come ben sappiamo non è fatto di idee ma di individui. Un tale passaggio avviene sostituendo, all'ideale del bene assoluto, il principio del GIUSTO MEZZO.


Il giusto mezzo è un principio realistico perché riconosce l'esistenza di eccessi, cioè di realtà imperfette, che non avrebbero ragione d'esistere nel mondo ideale ma che sono ovunque nel mondo sensibile. Così tale concetto non può ridursi, come pretendevano i pitagorici e matematici, alla meta', ma equivale per Platone al giusto come mezzo( cioè alla ricerca di una realtà terza rispetto agli eccessi che la storia presenta e all'idealita' che il filosofo contempla)), capace di misurare il CONVENIENTE, l'OPPORTUNO, il DOVEROSO  e tutto quello che tende al mezzo, rifuggendo dagli estremi.



Un siffatto modello di misura è l'Uno,ma non l'Uno da solo,bensì l'Uno nella molteplicità, come la teoria dei Principi prefigurava.



E del resto, osserva Platone, "...che altro è la politica se non lo sforzo di portare e mantenere l'unità in istituzioni che tendono allo squilibrio o addirittura alla sopraffazione e allo scontro? ...."



Questo nuovo progetto trova un'applicazione pratica nell'ultima opera di Platone,le "Leggi," in cui la sovranità non è più del re filosofo , ma delle leggi, che nella loro astrattezza esprimono la ragione molto meglio di un individuo soggetto alle passioni. Per tale motivo, osserva Platone, in politica bisogna ricorrere all'ordine e alla legge ,i quali vedono e contemplano ciò che per lo più suole avvenire e pertanto sono meno astratti delle idee e anche più efficaci.



Questo principio di mediazione, tradotto nella Costituzione  esposta nelle leggi, dà corpo a un regime misto fra monarchia e democrazia, che nella sintesi riesce a superare gli eccessi dell'una e dell'altra. 


Bisogna però notare che le leggi, in quanto imitano le regole della forma ideale, le rendono statiche e sono segni dei limiti del sistema politico umano. 

Non sono quindi la cosa più giusta in assoluto e devono essere continuamente sottoposte a revisione e all'opera dell'uomo politico, inteso come uno scienziato teorico prima e poi attuativo, che si prende cura dell'insieme della società umana utilizzando la persuasione e non la forza.



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venerdì 26 giugno 2015

Exegetice platonis 3

La forma del pensiero platonico.



           In primo luogo è quasi sempre dialogica, anziché essere discorsiva cioè simile a un ininterrotto monologo, come abitualmente avviene tra i filosofi. 

All'origine sta certamente il modo di esprimersi di Socrate il quale, non scrisse mai nulla. 


Ma Platone approfondi'questo metodo e gli diede un fondamento filosofico, basato sul concetto dialettico di verità, che bene è espresso nella sua Lettera VII:

"...La conoscenza della verità non è affatto comunicabile come le altre conoscenze, ma dopo molte discussioni fatte su questi temi, e dopo una comunanza di vita, improvvisamente come luce, che si accende dallo scoccare di una scintilla,essa nasce dall'anima e da se stessa si alimenta..."



Se la luce della verità ai suoi massimi livelli si sprigiona in  un istante, al seguito di un intenso  ' sfregamento ' di idee, la verità stessa consiste nell'azione del ragionare, e non solo nel risultato del ragionare e, di conseguenza ,la sua sede ideale  e' nel dibattito orale e nella comunità dei ricercatori.



E infatti Platone non affidò mai allo scritto le sue dottrine fondamentali inerenti ai principi, perché fuori dall' ambiente in cui sono nate sarebbero state  stravolte. Anche ciò che può divulgarsi nello scritto non deve prescindere dalla fatica dell'indagine,ne' esaurirsi in formule : e proprio questo è l'orientamento dei dialoghi.



Talora il vero non sta neppure nei ranghi dei discorsi, ma quando la ricerca esaurisce la sua spinta in una forma non conclusiva, Platone vi aggiunge il MITO, non in sostituzione della ragione, ma come un suo prolungamento, in attesa che la scienza riesca a rendere vero ciò che, al momento, MERITA IL RISCHIO DI ESSERE CREDUTO.




E poi anche l'ironia,attestata fin nei dialoghi più impegnativi, è una presenza qualificante, in quanto, ponendo punti di vista diversi senza evidenziare con chiarezza quale debba ritenersi vero e quale  falso, coinvolge il lettore nel vivo della ricerca del vero che nasce dall'attrito di posizioni opposte.



Per un ulteriore approfondimento,soprattutto su dialettica e mito,vedi Critiae platonis exc.12 nel blog Lemarancio.




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giovedì 25 giugno 2015

Exegetice platonis 2.

Platone.(da Grandangolo).

Brano n. 2 Influssi sulla matematica attuale.


           Uno dei campi in cui ancora oggi la presenza di Platone è viva e determinante( perché offre un quadro di riferimento ) è la matematica.


L'ontologia platonica sembrerebbe dare un contributo al problema fondamentale della natura delle entità matematiche, a cui i matematici spesso rispondono rincorrendo alla intuizione, intesa come una particolare facoltà della ragione umana che ci permette di accedere al mondo degli esseri matematici.


 Un tale presupposto implica che gli elementi della matematica siano enti, cioè realtà con un qualche grado di autonomia( da cui anche il nome di realismo matematico) e non riducibili a pura astrazione e costruzione umana. Nella prima posizione( la realtà degli oggetti matematici) sta appunto il platonismo di cui si diceva, mentre nella seconda(astrazione e costruzione umana) sarebbe una sorta di aristotelismo. 



Ad esempio, Kurt Godel e Georg Cantor ritenevano che fossero suscettibili di intuizione gli oggetti della teoria degli insiemi.



Ma, in linea di massima, quasi tutti i grandi matematici hanno, in diversa proporzione, assunto posizioni platoniche basandosi sull'intuizione che ci fa conoscere gli assiomi, e sulle dimostrazioni che garantiscono la verità mediata. 



In ogni caso, è interessante notare che i matematici moderni si servono molto più della ontologia platonica che non della sua dottrina dei numeri.


In effetti, la posizione Platonista attuale, benché differente per alcuni aspetti da quella originale del filosofo, riesce a spiegare in maniera convincente sia tratti della matematica pura, sia l'applicazione di essa alle scienze naturali che, non si dimentichi, per Platone sono propriamente imitazione di quelle realtà perfette che sono le idee.



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mercoledì 24 giugno 2015

Exegetice platonis 1

Per tutti gli argomenti del blog,digitare lemarancio blog argomenti e supporti(del 26/5/2015).

Alcuni brani chiarificatori del pensiero platonico,tratti da Grandangolo Platone a cura di  Roberto Radice.


       Brano n.1: le idee sono dei postulati.


Tutte le cose buone e quelle grandi sono tali  per la bontà e la grandezza in sé e non per le condizioni particolari in cui si trovano. In conseguenza di ciò tutto il mondo reale e sensibile ha la sua ragione ultima in un mondo ideale(metafisica). Ossia in una realtà popolata da idee che godono di una esistenza autonoma e non in quanto sono oggetto della mente che le pensa. 

La loro connessione reciproca e con il mondo materiale può essere colta solo attraverso  l'occhio dell 'intelligenza, esattamente come Socrate coglieva attraverso la sua intelligenza il giusto e il meglio per sé. La scienza che deriva da una tale visione è molto più salda e rigorosa di quella che viene dai sensi. Infatti nel Fedone si dice:

" mi accingo infatti a mostrarti quale sia quella forma di causa su cui mi sono a fondo impegnato e, perciò, torno nuovamente su quelle cose di cui molte volte si è parlato, e da esse incomincio, partendo dal postulato che esista un bello in sé e per sé, un buono in sé e per sé, un grande in sé e per sé, e così via....
Allora guarda se le conseguenze che da questi postulati derivano ti sembrano essere le stesse che sembrano a me. A me sembra che, se c'è qualcos'altro che sia bello oltre al bello in sé, per nessun altra ragione sia bello, se non perché partecipa di questo bello in sé. E così dico di tutte le altre cose. Sei d'accordo su questa causa?"



"Sono d'accordo"rispose.



"Allora io non comprendo più e non posso più conoscere le altre cause, quelle dei sapienti(i filosofi naturalisti). E se qualcuno mi dice che una cosa è bella per il suo colore vivo o per la figura fisica o per altre ragioni del tipo di queste, io, tutte queste cose, le saluto e le mando a  spasso, perché, in tutte queste cose, mi confondo, e solo questo tengo per me, semplicemente, rozzamente, e forse ingenuamente: che nessun'altra ragione fa essere quella cosa bella, se non la presenza o la comunanza di quel bello in sé, o quale altro sia il modo in cui ha luogo questo rapporto. Su tale rapporto io non voglio ora insistere ; ma insisto semplicemente nell'affermare che tutte le cose belle sono belle per il bello, non pare anche a te?"



"Mi pare."



" E non ti pare, anche, che tutte le cose grandi siano grandi e che le maggiori siano maggiori per la grandezza e che le cose minori siano minori la piccolezza?"



"Sì"



" Perciò, se qualcuno afferma che un tale è più grande di un altro per la testa e che il piccolo è più piccolo ugualmente per questo, non lo ammetteresti,ma sosterresti fermamente che tu non ammetti che una cosa sia più grande di un 'altra per nessun 'altra ragione se non per la grandezza. E che per questa causa essa è più grande, precisamente per la grandezza........"





Da queste osservazioni sulle idee platoniche,passeremo, nel prossimo post ,ad esaminare l'influenza del pensiero platonico sul pensiero matematico di tutti i tempi, e specialmente su quello dei giorni nostri!.



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lunedì 22 giugno 2015

Critiae platonis exc.14 ter

Considerazioni finali dopo la lettura di Repubblica,Timeo,Crizia. 

Ultima parte.


     Concludiamo(dopo DIALETTICA,IDEE,ANTI-ISOCRATISMO),l'argomento platonico riguardante l'ACCADEMIA.



                      I dialoghi ci fanno capire qualcosa delle convinzioni fondamentali di Platone durante la sua vita; ma del suo sistema di pensiero, se mai ne ebbe uno,difficilmente essi ci potranno dire qualcosa.

Con Aristotele siamo in una posizione assai diversa:abbiamo perso le opere in cui egli raccomandava le sue "idee"al gran mondo,e possediamo invece i manoscritti dei corsi di lezioni,in cui lo vediamo,per lo più, aprirsi la strada verso i suoi risultati attraverso la critica degli altri pensatori.



Con le opere di Platone,gli amanti della grande letteratura hanno ragione di esser grati di tutto cuore del fatto che, almeno una volta ,nella storia del mondo, un sommo filosofo sia stato anche un superbo artista drammatico.


Ma ciò' che per essi è un vero guadagno e' invece un guaio per il semplice studioso di metafisica.



Per diverse ragioni infatti è impossibile mettere insieme un manuale sistematico chiaramente ordinato della"filosofia platonica".In primo luogo è dubbio se vi fu mai una filosofia platonica come tale, nel senso di una determinata serie di dottrine sull'OMNE SCIBILE.


Platone ha fatto del suo meglio per chiarire che egli non aveva alcun interesse a fare un sistema.

 Per lui filosofia non significa un corpo compatto di risultati da imparare,ma una vita spesa nella ricerca della verità' e del bene ,alla luce di una o due grandi appassionate convinzioni.

Non è improbabile che,anche alla fine della sua vita di ottantenne,egli non pensasse affatto di aver prodotto qualcosa di simile a una coerente e articolata "teoria del tutto".


La vitalità del platonismo è dovuta forse proprio al fatto che,anche nello spirito di colui che vi ha dato origine,esso rimase sempre,qualcosa di sperimentale e provvisorio,in attesa di un nuovo piccolo,non definitivo,progresso nel sapere umano.




                       Pro bono malum. (dal 26 dicembre 2014 al 22 giugno 2015) lemarancio blog.





Critiae platonis exc.14 bis

Considerazioni finali dopo Repubblica,Timeo,Crizia.


Parte5.


Ancora sull'Accademia platonica.



         La grande attenzione al pensiero scientifico,nell'Accademia platonica, è il motivo per cui la matematica pura, l'unico settore del pensiero puro che fosse ormai giunto ad un serio grado di sviluppo nel IV secolo a.C., costituiva la base del corso di studi; ed è per questo stesso motivo che nell'ultima parte del secolo ,l'Accademia riuscì a formare con successo soprattutto matematici originali ed abili legislatori  e amministratori.



Sempre per questo motivo l'Accademia si può anche considerare come la progenitrice diretta dell'Università medievale e moderna; e in quanto l'università mira a fornire allo Stato legislatori e amministratori le cui menti siano state educate, in primo luogo, mediante la ricerca disinteressata della verità, essa svolge tutt'oggi, benché in condizioni diverse, quel compito stesso che Platone definiva come l'educazione del"filosofo-re". 


L'indizio più immediato ed  evidente del mutamento avvenuto nel mondo greco consiste proprio nel fatto che, mentre nel periodo in cui nacque Platone i giovani ateniesi ambiziosi dovevano dipendere per la loro educazione superiore dalle lezioni di un"sofista" peripatetico forestiero, nell'Atene di 50 anni dopo, invece, i giovani confluiivano da tutte le parti ad Atene per andare a scuola da Isocrate e da Platone o da entrambi. Il maestro ambulante era stato sostituito dall'Università o dal collegio, con un domicilio fisso e un suo statuto interno.



Platone è l'unico autore di numerose opere dell'antichità classica di cui sembra ci siano pervenuti tutti quanti i lavori in modo completo. Fin nella più tarda antichità non troviamo infatti alcun riferimento a uno scritto platonico che non possediamo.


 È vero che non sappiamo niente del contenuto delle lezioni platoniche, se si eccettuano le poche scarne informazioni tratte dalle opere di Aristotele o le citazioni di contemporanei di Aristotele conservate dai suoi commentatori; ma la ragione di ciò sembra debba ricercarsi nel fatto che Platone faceva abitualmente lezione senza l'ausilio di alcun manoscritto. 


Questo spiega perché Aristotele parli di certe dottrine del suo maestro come di insegnamento non scritto(agrafa dogmata) e perché almeno cinque degli uditori di una lezione particolarmente famosa( quella su " il bene"), fra i quali erano tanto Aristotele che Senocrate, publicassero poi i loro appunti su di essa. 


Dobbiamo supporre che i dialoghi scritti di Platone si rivolgessero alla gente colta in generale,per interessarla alla filosofia; l'insegnamento orale di Platone, a coloro che erano con lui in rapporto personale ,doveva essere basato invece,per una giusta valutazione,sul contatto effettivo di una mente con l'altra,nell'ambito della scuola,e percio' non veniva scritto,costituendo i famosi"discorsi dell'anima" di cui parla il Fedro e per i quali non serviva la scrittura.(v.lemarancio serve la scrittura?).




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domenica 21 giugno 2015

Critiae platonis exc.14

Considerazioni finali su Platone, dopo la lettura di Repubblica,Timeo,Crizia. 

Parte 4.


La parte 1 è stata dedicata al termine "DIALETTICA",la 2 al termine "IDEA",la 3 alla polemica "ANTI-ISOCRATEA",la 4 e seguenti all' ACCADEMIA".



                        La fondazione dell'Accademia , da parte di Platone,sotto un certo aspetto, è l'evento più memorabile nella storia della cultura dell'Europa occidentale.


O perlomeno è il modello ancora e da sempre seguito per istituzionalizzare gli studi. 


 Per Platone ,l'Accademia aveva significato che, dopo molto cercare, egli aveva finalmente trovato il vero scopo della sua vita .


 Egli sarebbe stato da allora in poi il primo presidente di una istituzione permanente, che aveva il compito di contribuire al progresso della scienza con ricerche originali.


Sotto un certo aspetto tale carriera non era del tutto senza precedenti. 


L'assai più anziano contemporaneo di Platone, Isocrate,come abbiamo visto nel post precedente, fu a capo , come lui, di un istituto di educazione superiore, ed è verosimile che la sua scuola fosse la più vecchia delle due.


 La novità dell'Accademia platonica consisteva nel fatto che si trattava di un 'istituzione che perseguiva uno studio scientifico. 


Isocrate, come Platone, credeva nell'educazione dei giovani alla vita pubblica. Ma, a differenza di Platone, egli condivideva l'opinione dell'uomo della strada sull'utilità della scienza. Era suo vanto che l'educazione che  egli offriva non fosse fondata su di una arida ed astratta scienza, priva, almeno in apparenza, di interessi umanistici; egli prometteva di insegnare opinioni, come diremmo noi, di fornire all' ambizioso aspirante alla vita pubblica alcuni punti di vista, e di addestrarlo ad esprimere il suo punto di vista col massimo di finezza e persuasivita'. 


È lo scopo stesso del giornalismo da quando è nato, nelle sue forme migliori, e Isocrate è veramente il padre spirituale di tutti  i pubblicisti, (dal suo fino al nostro tempo), che praticano la piacevole e qualche volta utile arte del non dire niente e del dire banalità in uno stile perfetto.



Potrebbe essere definito come l'Addison della Grecia antica, se non fosse per il fatto che, personalmente, era un uomo di effettivo discernimento in materia politica e , a differenza di Addison, aveva veramente qualche cosa da dire.


 Ma non è nemmeno necessario osservare che un'educazione basata su luoghi comuni umanistici non si è mai dimostrata veramente capace di formare grandi uomini di azione. 


Il metodo di Platone, antitetico a quello di Isocrate, consisteva nel porre a fondamento dell'educazione, la convinzione, saldamente formatasi in lui, che le speranze del mondo fossero basate sull'unione del potere politico con la scienza genuina.



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Critiae platonis exc.13

Considerazioni conclusive su Platone, dopo la lettura di brani di Repubblica,Timeo,Crizia.

Parte 3.


Dopo le considerazioni su parole-chiave come" dialettica" e"idee", ora considerazioni sulla polemica di Platone verso l'insegnamento della scuola di Isocrate.


               Si possono rintracciare negli scritti platonici puntuali allusioni polemiche al programma di Isocrate e alla sua concezione della filosofia come retorica.(Gorgia,Teeteto,Repubblica).


Isocrate aveva tentato, mediante la scuola di oratoria, da lui fondata nel 393 circa, di preparare degli oratori e dei politici, nel suo  bisogno di operare, in concreto, nelle situazioni politiche di Atene e della Grecia. 

Solo che Isocrate, vecchio discepolo di Gorgia( lo aveva frequentato tra il 414  e il 410),per molti aspetti vicino al socratismo( sembra che abbia avuto rapporti diretti con Socrate), particolarmente per ciò che riguarda la sua intenzione di risolvere in unità, volta per volta, la pluralità delle ragioni, mediante l'abile discorso, era convinto che il piano dei rapporti umani e le regole che determinano tali rapporti, NON si deducono scientificamente, ma si risolvono sempre, realisticamente, di volta in volta, entro lo stesso ambito umano, sul piano delle opinioni.



Al metodo di Isocrate ,Platone contrappone il metodo dialettico, mediante cui si possa scientificamente determinare il modo di vivere eticamente,  metodo che fondandosi appunto su premesse non accolte nell'ambito dell'opinione, della doxa( su cui empiricamente si basa la retorica isocratea), determina modi di vita e,insomma, un'etica le cui regole appaiono ai più paradossali(fuori della doxa). 


Sotto questo aspetto è chiaro in che senso il tipo di retorica  gorgiano-isocrateo non è per Platone né filosofia,né scienza, perché anche la politica, in quanto convinzione non può fondarsi che su premesse scientificamente, omologamente colte, così come avviene per le premesse della geometria o dell'aritmetica, per cui vero politico non potrà essere che il filosofo, cioè il dialettico.



Due sono dunque i modi di discutere: uno dialettico l'altro retorico: il tipo dialettico pone certe premesse non più discutibili perché non contraddittorie. 

Nella discussione, quale che sia il contenuto, la verità scaturisce dal saper ragionare(dialeghestai), dal modo con cui si impostano le premesse, tali quando non siano in contraddizione, quando vengano accordate(omologate), perché su di esse la definizione non può essere che univoca, non potendovi essere su di loro che un uguale ragionamento(homologhia): e, perciò, date quelle premesse ,si debbono accordare le conclusioni, ciò che consegue da esse, perché il processo ragionativo non può essere che uno e uguale in tutti(homologhia),e, perciò, al di fuori di quelli che sono i luoghi comuni(topoi), al di fuori dell'opinione da cui scaturisce la retorica o l'eristica,spesso capace di ottenere SOLO l'assordante applauso della massa.



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sabato 20 giugno 2015

Critiae platonis exc.12

Considerazioni conclusive dopo la lettura dei brani di Repubblica,Timeo,Crizia,parte 2.


Dopo aver precisato nel post precedente l'importanza e il significato di una parola chiave di Platone,che tutti hanno sentito nominare,cioè  dialeghestai, vediamo ora di precisare il significato e l'importanza di un'altra parola chiave  :IDEA.


La radice o l'etimologia della parola deriva dalla radice " id " di orao,che significa vedere;la parola è poi passata nel verbo latino video,vedere appunto.


Le idee,sono sempre poste, da Platone, ipoteticamente, miticamente, o come dati che permettono il pensare. 

Fondamentale rileggere  il brano della Repubblica antologizzato in Lemarancio 54.

 Il pensiero, pensando, trova, attraverso il saper pensare, i suoi stessi fondamenti, che costituiscono le trame del ragionare. 

Ed è mediante tali trame che è possibile pensare e perciò dominare la realtà, che nella sua immediatezza sensibile si presenta disordinata, disarticolata;per cui disarticolato, frammentario ,così come la realtà stessa ,e' l'uomo fin quando resta preso dalla immediata sensibilità; mentre, viceversa ,allorché, pensando attraverso le idee, ordina la realtà, diviene egli stesso ordinato, misura; e allora, proprio perché quelle trame e quei fondamenti sono gli stessi  fondamenti e le stesse trame del pensiero nella sua attività pensante, solo ipoteticamente possono essere posti come fondamenti in sé del reale, perché niente permette di sostenere dimostrativamente la coincidenza tra la struttura del pensare e la struttura del reale.


Ma Platone afferma anche nel Timeo:" intorno agli dèi e all'origine dell'universo non possiamo offrirti ragionamenti in ogni modo di per sé pienamente concordi ed esatti...Intorno a queste cose conviene accogliere un mito verosimile, ne'cercare più in là....."


Platone afferma nella Repubblica anche questo:"... E così nelle favole mitologiche, quando ,a causa dell'ignoranza in cui ci troviamo rispetto agli autentici fatti del passato, conformiamo quanto più è possibile la menzogna alla verità, non facciamo così che la menzogna sia utile? Se la menzogna può essere utile agli uomini, qualora sia usata come medicina è evidente che l'uso di un simile farmaco lo debbono scrivere soltanto i medici, restando ignoto ai profani. E se a qualcuno sarà dato il diritto di mentire, questo spetta soltanto ai filosofi."


Sembra chiaro perché Platone possa dire nella settima lettera che mai egli ha scritto scientificamente intorno a quelle che sono LE ESSENZE, la struttura della realtà, la natura; anche se più volte, (ma sempre miticamente), ne ha discorso.


O per dare una giustificazione non dimostrabile, ma evocativa, delle condizioni non dimostrabili, non traducibili in parole che permettono il discorso scientifico, determinandone i contenuti;o per avviare i più a certi fini colti( non è così un caso che, per avviare i più a vivere secondo giustizia Platone usi dei miti, in particolare sulle pene e le ricompense che si avranno nell'aldilà, come, in particolare, i miti finali del Fedone, del Gorgia, della Repubblica).


Di qui la distinzione platonica tra verosimile  e vero: Il vero e' dovuto al ragionamento che si fondi su premesse vere( accordate in quanto logicamente non contraddittorie, perché non accettate per dogma o per affetto o per opzione), in senso formale; mentre il verosimile si fonda su presunte premesse, alle quali non si giunge dialetticamente, per cui restano ipotesi; quel che segue, perciò non è dedotto, ma è detto narrativamente(miticamente). 


Il che non significa che il mito non sia un tipo di ragionamento, di discorso , e non una pura e semplice favola: solo che è un discorso diverso da quello di tipo scientifico...

.Nel Gorgia Platone dice:" ....lo riterrai un mito, uno di quelli che narrano le vecchie, ma io lo riterrò discorso-logos- che desidero dire a tutti, quasi fosse la verità."


 Continua...






venerdì 19 giugno 2015

Critiae platonis exc.11

Dopo i brani in Lemarancio di Repubblica,Timeo,Crizia,un tentativo di riflessione generale su Platone con l'aiuto di due studiosi:F.Adorno e A.E.Taylor.

Considerazioni finali su Platone,parte 1.

    Come leggere Platone.



Ogni qualvolta si torna a leggere Platone è una sorpresa; ogni volta, ogni dialogo appare sotto luce nuova e  sembra di essere andati fuori strada la volta precedente, ogni volta Platone pare diverso, estremamente ricco di motivi e di spunti, che hanno potuto dare luogo a molte e diverse interpretazioni.



Platone sembra voler persuaderci che ciò che attraverso il ragionamento,( filosoficamente, attraverso la dialettica) è vero, non è tanto vero in sé perché ciò che hanno sostenuto altri è falso in sé, ma perché si fonda su premesse non più confutabili razionalmente, per cui le conseguenze non possono essere che quelle e quelle sole.



Filosofare, dunque,è AMORE DI SAPERE- eros si sostiene nel Convito, con un mito, è  figlio di Povertà (penia)e Ingegno(poros)- non SAPIENZA.


Platone, propone, dunque il filosofare come condizione che conduce a saper pensare( cio' mediante cui -dia'- si ragiona-leghestai-:dialeghestai, donde anche dialettica e dialogo),e, per altro verso, prospetta il filosofare come esigenza di rintracciare la condizione che permette un unico sapere, o, meglio, un discorso scientificamente basato e, perciò, utile all'uomo, in dominio dell'uomo, e quindi,  per ciò stesso, non  più passionale, non più condizionato dalle opinioni. 



Ma non a caso più volte Platone ripete che mai la massa sarà filosofa, perché al momento che tale divenisse non sarebbe più massa, poiché la massa e' strumento di manovra  di altri individui singoli.


 Il vero filosofo, con discorsi che cambiano a seconda delle persone con cui parla, avvia le anime(psicagogia) a vivere secondo fini Buoni.




mercoledì 17 giugno 2015

Critiae platonis exc.10

Considerazioni finali su Timeo e Crizia,parte5.


                 Qui (quando Crizia narra della volontà di Atlantide di invadere il Mediterraneo,con la conseguente convocazione del Concilio degli dei,irritati dall'hybris dei discendenti di Nettuno)il Crizia si interrompe. 


Platone avrebbe con tutta probabilità dovuto parlare ora della guerra che la mitica Atene sostenne contro l'hybris di Atlantide, guerra santa, dunque, e nobile.

 Platone non ha proseguito il Crizia, nè mai scrisse l'Ermocrate, che, secondo le parti distribuite fra gli interlocutori del Timeo, avrebbe dovuto seguire al Crizia.


 Trovare il perché sarebbe ipotesi. 

Forse, è stato detto, il proseguimento ideale lo abbiamo nel terzo libro delle Leggi, ove, dopo aver riassunto la leggendaria storia dei primi re della Grecia, Platone racconta la lotta degli ateniesi contro i Persiani invasori.

 Si pensi in questo senso ai Persiani di Eschilo.

 E ciò mi sembra importante proprio dal punto di vista politico e per intendere il significato più fine del Crizia, che si pone come impegno per l'Atene attuale, la quale, rinnovata  alla luce dell'appello platonico, può diventare la salvatrice della Grecia futura, contro l'hybris di ogni barbaro( e forse in tale senso va letto il Menesseno,l'elogio di Aspasia per i morti Ateniesi in guerra.Totalmente diverso dall'elogio funebre di Pericle scritto da Tucidide per l'approccio alla politica,ma identico nella fede della superiorità di vita e intelligenza degli ateniesi su tutti gli altri popoli).



Ancora una volta così Platone si impegnava in quella che era la situazione politica del suo tempo, come d'altra parte, non a caso, egli era tornato ben due volte a Siracusa, e grandi furono i pericoli, ma altrettanto grande il dovere. 

E forse  proprio per questo si interrompe il mito del Crizia, sotto l'urgenza di determinare la via pratica per educare la società contemporanea, non più divina, ad aspirare davvero a quella che è la città ideale: per cui appunto furono scritte le Leggi, in cui può darsi si ritrovi anche quello che doveva essere l' Ermocrate,  e il discorso di quel tale-di cui si tace il nome- assente, perché  ammalato, quando parlarono Timeo e Crizia, ma che due giorni prima aveva ascoltato il dialogo sullo stato giusto, e che nessuno vieta di pensare che sia Platone stesso.

Fine.



Prossimo post: Come leggere Platone,in cui accennero'ai due modi con cui il filosofo interpreta la realta':quello attraverso l'episteme,spesso e sorprendentemente alternato a quello del mito,che Platone definisce discorsivo.





Critiae platonis exc.9

           Considerazioni finali su Timeo e Crizia,parte 4.


          Il Crizia è incompiuto. 

Anzi, si interrompe proprio là dove avrebbe dovuto diventare estremamente interessante.

 Già nel Timeo alla proposta di Socrate, che dopo la Repubblica,avrebbe voluto vedere  come quella città ideale da lui descritta" nobilmente entri in guerra e guerreggiando si mostri degna dell'istruzione e dell'educazione data ai cittadini, sia nelle azioni con le opere guerresche, sia nei discorsi negoziando con l'uno e con l'altro stato", Crizia risponde promettendo che egli esporrà come la preistorica perfetta Atene combattè contro l'altro mitico stato che fu Atlantide.


 E ,ancoranel Timeo, su di una presunta narrazione fatta da Solone a Crizia il vecchio, il giovane Crizia racconta, sia pur per  brevi scorci, quale fu Atene antica e quali le sue leggi, quale fu l'antica Atlantide e quale la sua costituzione. 


Ma  a questo punto,nel dialogo "Timeo",ha da parlare proprioTimeo," iniziando dalla genesi del cosmo per giungere sino alla natura degli uomini: io poi-prosegue Crizia- come se da lui avessi ricevuto gli uomini nati dalla sua parola e da te educati ...presentandoli dinanzi a noi, come innanzi a giudici, cittadini li dovrei fare di questa nostra città, quasi fossero quegli Ateniesi di un tempo...".


 Nel Crizia,poi, più a fondo ed a lungo, verranno ancora ugualmente descritte Atene e Atlantide, ambedue città divine e rette  dagli dèi; città giuste, dunque, ed ordinate, anche se in diversi modi, così come ordinato è l'universo stesso su quello che è il mitico, trascendente ordine divino. 


Soltanto che ad un certo momento, predominando nella città di Atlantide l'umano sul divino, quella città cadde nel disordine, peccò di orgoglio, tentando di invadere il territorio non suo. Di qui il male,l'hybris, la ribellione all'ordine divino.





martedì 16 giugno 2015

Critiae platonis exc.8

Considerazioni finali su Timeo e Crizia,parte 3.



             La ragion d'essere più profonda dell' universo fisico, dunque, appare soltanto in quanto si costituisca quella interiore misura morale che ci trascende come valore super individuale. 

Da tale valore super individuale parte il Timeo, che assume particolare significato teoretico.

 Nel Timeo Platone prospetta l'unica via che rende possibile pensare la realtà, l'esistente. 

La realtà c'è, le cose esistono e divengono: bisogna, dunque, supporre il"compiuto", Il"non nato",il"bene",l'intelligenza,il"ciò che è prima"di ciascuna cosa,e l'indefinito,la necessità, l'indefinita chora,e così, anche,il ciò che fa sì che il compiuto,il "non nato" si realizzino nell 'indefinito, per cui bisogna supporre, accanto al finito e all' indefinito, una causa efficiente, l'anima mundi e, miticamente, il Demiurgo , ossia il termine che media.


 Il tutto si scandisce in una trama di leggi, capaci di essere comprese se traducibili nei termini dei meccanismi del pensiero, ossia in termini matematici e geometrici.

 La misura del tutto( l'ordine che è) coincide con la misura morale, con il costituirsi del mondo umano, la politeia.

 Macrocosmo e microcosmo. 

Sotto questo profilo il Timeo e la Repubblica sono vicini: ma questo sarebbe argomento che basterebbe per un'intera opera distinta. 

Diciamo solo che non va scordato che Platone nelle prime pagine del Timeo pone la nuova opera come  il seguito di una certa discussione avvenuta in un giorno prima intorno alla costituzione statale perfetta, intorno al problema della vita morale; non solo, ma che buono egli chiama il Dio su cui il tutto si verrà scandendo( Dio che, dunque, coincide esattamente con quello che nella Repubblica è il sommo bene), a più riprese avvertendo che questo è, d'altra parte, un mondo possibile, in quanto appunto in esso si trovano quelle che sono le stesse leggi del pensiero: "ricordandoci che io che  parlo e voi che giudicate abbiamo natura umana: cosi' che a noi basta intorno a queste cose accettare un mito verosimile e non dobbiamo cercare più lontano".



Continua nella parte 4.





lunedì 15 giugno 2015

Critiae platonis exc.7

Continuazione osservazioni su Timeo e Crizia,parte 2.

     Il Timeo,preso in se',e' una cosmologia.

 Vi e' un cosmo già dato, il divino, su cui, ad opera del DEMIURGO si scandisce il cosmo fisico: ordine l'uno, ordine l'altro che scaturisce dalla Chora, lo spazio vuoto.

 A prima vista il Timeo da' l'impressione di essere soltanto la descrizione di un universo fisico regolato da leggi matematiche. Ma se accostiamo il Timeo nella sua totalità alle pagine più strettamente dialettiche della Repubblica, dove si illumina il significato dell'ordine politico morale, vedremo che- miticamente- nel Timeo e' discussa la politeia dell'Universo.


 In altri termini, il Timeo prende le mosse dal punto di arrivo della Repubblica. 

Nella Repubblica l'ordine e la misura che sono il divino stesso non ci trascendono dal di fuori, ma dal di dentro, costituendosi non come realtà data, ma come eterno valore, umanamente posto all'infinito: per cui chi NON pone ordine in sé, attraverso la stessa dialettica del pensiero, ha dinnanzi a sé, sempre, un mondo disordinato.

 Già nella Repubblica, Platone, rimproverando gli astronomi e musici suoi contemporanei di credere che la legge ed il ritmo entro cui si ordina l'universo siano in quegli stessi corpi fisici che essi studiano, affermava che dalla contemplazione e dalla meditazione sui movimenti celesti, sulla loro uniformità ed articolazione, visibile all'occhio fisico, si doveva salire a comprendere la legge, eterna e immobile, per cui questo cosmo fisico che vediamo ci appare veramente somigliante a quell'altro cosmo, Il cosmo logico, che il tutto in sé fascia, e che corrisponde a quella che è la stessa dialettica del pensiero. 


Continua in osservazioni su Timeo e Crizia,parte 3.




domenica 14 giugno 2015

Critiae platonis exc.6

Considerazioni su Timeo e Crizia.
(fonte "Dialoghi platonici" UTET,della biblioteca Nelson Mandela di Villanova).


            Nelle Leggi, dopo aver affermato che altro l'uomo non è dell'universo se non una particella in funzione dell'unità tutta- ma tu sei inquieto perché non sai in che modo ciò che per te è ottimo si articoli al tutto ed a te, secondo la legge dell'esistenza universale- Platone aggiunge : Dio ha intelligentemente trovato quale sede e quali luoghi ciascun essere, date le sue qualità, dovesse  occupare. 

Ma relativamente alla formazione delle qualità individuali, egli ne ha lasciate le cause alla volontà di ciascuno di noi: ognuno infatti è quasi sempre tale, per quelle che sono le qualità dell'anima, quale a lui piace di essere.



    E'  questo nella storia del pensiero greco  un punto di meditazione fondamentale: da Omero a Esiodo, all'approfondimento orfico e pitagorico,a Eschilo, a Solone,a Eraclito(l'ethos per l'uomo e' il suo demone, per cui la libertà umana sta nello scegliere fra la dismisura, l'affermazione singolare di sé, ed il farsi simili al divino, ragion d'essere ed ordine del tutto),a Socrate e Platone nell'attuazione del Cosmos universale e del  Cosmos politico,( l'uno specchio dell'altro).


 Soltanto che, soprattutto in Socrate, non si passa da un ordine esterno, dato, a un ordine interno, ma l'ordine esterno, politico e sociale, è possibile solo in quanto, ciascuno a modo suo, realizzi, volta a volta, interiore misura: perché se l'ordine c'è già, tutto ha già ordine, e lo stesso uomo ha già il suo posto nell'ordine, e all'uomo nulla è più liberamente possibile.



Platone prendendo le mosse da Socrate passa non solo dall'esteriorita'all'interiorità, ma in questa scopre qualcosa che va oltre l'interiorità stessa ed oltrepassandola le dà luce e significato: scopre ordine e legge su cui, per chi sa intendere, per chi si fa dialettico, si scandisce il ritmo non solo del mondo umano, ma del costituirsi dell'universo, ambedue simili, dunque, ad un trascendente valore divino.



Di qui  ,dopo la Repubblica ,prendono luce  e continuazione il Timeo ed il Crizia.




CONTINUA.....

Critiae platonis exc.5

Facciamo il punto sulle parti  in cui erano articolati i due dialoghi ,Timeo e Crizia,precedentemente antologizzati(in lemarancio Timaei Platonis exc. e in Critiae Platonis exc.).



Parti del Timeo.


Preludio.      

 Lo stato ideale in una sua possibile concretezza storica(Riassunto della Repubblica).

La mitica Atene e l'Atlantide( il racconto di Solone).

 La politeia cosmica e Il cosmo politico nella sua realizzazione(preannuncio della stesura dei dialoghi Timeo e Crizia).


Parte prima.  

L'ordine: l'origine del mondo, l'anima del mondo, il tempo, gli dèi, le anime, il corpo degli uomini.


Parte seconda.

La necessità e la sintesi: intelligenza e necessità,il sostrato originario e l'ordine, lo spazio come ricettacolo e le idee , essere e divenire.



Parte terza.

Le strutture: gli elementi originari(i triangoli), forme degli elementi, gli elementi e il loro trasformarsi, quiete e movimento, lo spazio, aspetti degli elementi, le impressioni sensibili e il loro generarsi, caldo e freddo, duro e molle, peso e leggerezza, piacere e dolore, le impressioni sensibili: gusto, olfatto, udito, vista, colori.



Parte quarta. 

L'uomo e sua somiglianza con la sintesi da cui scaturisce il tutto, l'anima mortale irascibile, l'anima mortale concupiscibile, corpo umano e sua anatomia, le malattie del corpo e dell'anima, il principio fondamentale della medicina,le tre anime,razionale irascibile concupiscibile.


Epilogo. 

La metempsicosi.



Parti del Crizia(incompiuto).

Preludio.   

Invocazione di Timeo al dio, preoccupazioni di Crizia e sua invocazione agli dèi, Atlantide contro Atene.


Parte prima. 

Atene antica, Efesto e Atena divinità degli autoctoni ateniesi, i mitici civilizzatori di Atene, la costituzione di Atene antica, i confini dell'attica preistorica, la città di Atene e la sua acropoli.(mitica,non quella del Partenone).


Parte seconda.

Atlantide, Poseidone primo signore e padre degli atlantidi, i re del Atlantide, ricchezze naturali dell'Atlantide, la capitale dell'Atlantide, i porti, il Palazzo Reale, il tempio, le fonti, le opere architettoniche , la geografia dell'Atlantide, organizzazione politico militare, l'autorità dei re, il loro giuramento, il sacrificio del sangue, decadenza e rovina dell'Atlantide,  il consiglio degli dèi.       


  Interruzione del dialogo.