sabato 31 ottobre 2015

A.MANZONI.Panni in arno 99.sch.c.XXVIII.


ALESSANDRO MANZONI,I PROMESSI SPOSI,CAPITOLO VENTOTTESIMO,LETTO E CAPITO?


SI FORNISCE,QUI DI SEGUITO,UNO SCHEMA CHE,OLTRE A UNA PANORAMICA DEL CAPITOLO,OFFRE IL "DI DENTRO"(STUDIO PSICOLOGICO) E IL "DI FUORI" (AZIONE) DEI VARI PERSONAGGI.



UTILE ANCHE PER RISPONDERE ALLA DOMANDA SAPIC(SIAMO AL PUNTO IN CUI...)  DEI POST PRECEDENTI DEDICATI AL CAPITOLO VENTOTTESIMO.



NB
SU ALCUNI DEVICES POTREBBERO SOVRAPPORSI LE DUE COLONNE IN CUI È SUDDIVISO LO SCHEMA. CONSULTARE,NEL CASO,LA SEZIONE FOTO,IN FONDO AL POST.







Schema del capitolo XXVIII de I Promessi Sposi,utile anche per sapic(v.lemarancio panni in Arno 3).



                                    C A P I T O L O            V E N T O T T E S I M O.



    Azione.                                                                Studio psicologico.



1)L'azione del romanzo "torna
indietro",dall'autunno del 1629
all'autunno del 1628.



2) La carestia nel milanese e in
Milano,dopo l'11 novembre:cause
e conseguenze.



3)Erroneamente le autorità fissano
il prezzo del pane al ribasso.



4)Milano subisce un eccessivo
inurbamento dalle campagne.



5)Aumenta la scarsità di cibo e
la mancanza di adeguate condizioni
igieniche.



6)L'opera caritatevole di Borromeo.



7)Miseria e degrado preparano
un contagio di massa.



8)Viene aperto il lazzeretto per
accogliere forzatamente i senza
dimora.



9)Molti sono costretti ad entrarvi
per forza.



10) Il lazzeretto e Milano sono
una fabbrica di morti.



11)Alla fine della primavera del 29
i campi imbiondiscono di grano
e molta gente sciama da Milano.



12)Frattanto,nell'aprile del 29,
un esercito francese guidato
dal re e da Richelieu,era sceso
in Piemonte,per appoggiare
le pretese dinastiche del Nevers,
limitandosi a una operazione
che favorì il Savoia e sfavorì
gli Spagnoli che dovettero
levare l'assedio a Casale.



13)La mortalità nel ducato di
Milano,dura fino all'autunno del 29.



14)Tra agosto e settembre del 29,
don Gonzalo è sostituito come
governatore,da Ambrogio Spinola.



15)Don Gonzalo lascia Milano e
il suo corteo subisce una violenta
contestazione.



16)Nuovo flagello per il milanese:
a ottobre del 29 l'esercito di
Wallenstein(i Lanzi),guidato da
Rambaldo di Collalto,entra nel
Milanese,per intervenire nella guerra
di successione al ducato di Mantova.



17)Durante il passaggio dei Lanzi
nel milanese,per andare a Mantova,
si diffonde la peste,di cui molti
soldati tedeschi erano portatori sani.



18)Incapacità delle autorità del
Ducato di Milano a predisporre
misure preventive contro la
diffusione della peste.



19)L'esercito dei Lanzi,durante
la sua marcia verso Mantova,
arriva a Lecco.



CONTINUA CON BRANI DEL CAPITOLO XXIX.





A.MANZONI.Panni in arno 98.cap.XXVIII.

ALESSANDRO MANZONI,I PROMESSI SPOSI,CAPITOLO VENTOTTESIMO. LETTO E CAPITO?
(S'È CAPITO CHE È FORSE IL PIU ' OSTICO).




UTILE,PER VERIFICARNE LA COMPRENSIONE,RISPONDERE,PER OGNI BRANO DI SEGUITO PROPOSTO,A DUE DOMANDE:
1)SAPIC(SIAMO AL PUNTO IN CUI...),
2)LPVD(LE PAROLE VOGLIONO DIRE...).




CORAGGIO,BASTA POCO....E....SEMPRE TESTO DEL ROMANZO A PORTATA DI MANO...







Per ogni brano del capitolo XXVIII de I Promessi Sposi,provare a rispondere come esemplificato in lemarancio panni in Arno 3.



Cap.XXVIII,r.516.

                            All'uscir dunque,in carrozza da viaggio,dal palazzo di corte,in mezzo a una guardia d'alabardieri,con due trombetti a cavallo davanti,e con altre carrozze di nobili che gli facevan seguito,fu accolto con gran fischiate da ragazzi ch'eran radunati sulla piazza del duomo,e che gli andaron dietro alla rinfusa.



Cap.XXVIII,r.531.

                        La moltitudine,che le guardie avevan tentato in vano di respingere,precedeva,circondava,seguiva le carrozze,gridando:"la va via la carestia,va via il sangue de' poveri", e peggio.Quando furon vicini alla porta,cominciarono anche a tirar sassi,mattoni,torsoli,bucce d'ogni sorte,la munizione solita in somma di quelle spedizioni; una parte corse sulle mura,e di là fecero un'ultima scarica sulle carrozze che uscivano.Subito dopo si sbandarono.In luogo di don Gonzalo,fu mandato il marchese Ambrogio Spinola,il cui nome aveva già acquistata,nelle guerre di Fiandra,quella celebrità militare che ancor gli rimane.
Intanto l'esercito alemanno,sotto il comando supremo del conte Rambaldo di Collalto,altro condottiere italiano,di minore, ma non d'ultima fama,aveva ricevuto l'ordine definitivo di portarsi all'impresa di Mantova; e nel mese di settembre,entrò nel ducato di Milano.



Cap.XXVIII,r.547.

                     Più che dalle paghe,erano gli uomini attirati a quel mestiere dalle speranze del saccheggio e da tutti gli allettamenti della licenza.



Cap.XXVIII,r.560.

                       E' celebre,poco meno del nome di Wallenstein,quella sua sentenza: esser più facile mantenere un esercito di cento mila uomini,che uno di dodicimila.E questo di cui parliamo era in gran parte composto della gente che,sotto il suo comando, aveva desolata la Germania,in quella guerra celebre tra le guerre,e per sé e per i suoi effetti,che ricevette poi il nome da' trent'anni della sua durata: e allora ne correva l'undecimo.



Cap.XXVIII,r.570.

                 Eran vent'otto mila fanti,e sette mila cavalli; e, scendendo dalla Valtellina per portarsi nel mantovano,dovevan seguire tutto il corso che fa l'Adda per due rami di lago,e poi di nuovo come fiume fino al suo sbocco in Po,e dopo avevano un buon tratto di questo da costeggiare: in tutto otto giornate nel ducato di Milano.



Cap.XXVIII,r.600.

                             ...e così di peggio in peggio,per venti giorni;ché in tante squadre era diviso l'esercito.Colico fu la prima terra del ducato,che invasero que' demoni; si gettarono poi su Bellano; di là entrarono e si sparsero nella Valsassina,da dove sboccarono nel territorio di Lecco.



CONTINUA CON LO SCHEMA DEL CAPITOLO XXVIII.






A.MANZONI.Panni in arno 97.cap.XXVIII.


ALESSANDRO MANZONI,I PROMESSI SPOSI,CAPITOLO VENTOTTESIMO,LETTO E CAPITO?



UTILE,PER VERIFICARNE LA COMPRENSIONE,RISPONDERE,PER OGNI BRANO DI SEGUITO PROPOSTO,A DUE DOMANDE:

1)SAPIC(SIAMO AL PUNTO IN CUI...),
2) LPVD( LE PAROLE VOGLIONO DIRE...).



CORAGGIO,BASTA POCO...E...SEMPRE TESTO DEL ROMANZO A PORTATA DI CONSULTAZIONE!







Per ogni brano del capitolo XXVIII de I Promessi Sposi,provare a rispondere come esemplificato in lemarancio panni in Arno 3.



Cap.XXVIII,r.444.

                               Con la messe finalmente cessò la carestia: la mortalità, epidemica o contagiosa,scemando di giorno in giorno,si prolungò fin nell'autunno.Era sul finire, quand'ecco un nuovo flagello.



Cap.XXVIII,r.452.

                    Mentre si facevan gli apparecchi,il conte di Nassau,commissario imperiale,intimava in Mantova al nuovo duca,che desse gli stati in mano a Ferdinando,o questo manderebbe un esercito a occuparli.



Cap.XXVIII,r.463.

                    ...dopo lo scontro,col vantaggio de' Francesi,s'era trattato di nuovo,e concluso un accordo,nel quale il duca,tra l'altre cose,aveva stipulato che il Cordova leverebbe l'assedio da Casale;obbligandosi,se questo ricusasse,a unirsi co' Francesi,per invadere il ducato di Milano.



Cap.XXVIII,r.469.

                       Fu in questa occasione che l'Achillini scrisse al re Luigi quel suo famoso sonetto:
                      
                                     Sudate,o fochi, a preparar metalli:.......



Cap.XXVIII,r.475.

                          Il cardinal di Richelieu aveva in vece stabilito di ritornare in Francia,per affari che a lui parevano più urgenti.Girolamo Soranzo,inviato de' Veneziani,poté bene addurre ragioni per combattere quella risoluzione;che il re e il cardinale,dando retta alla sua prosa come ai versi dell'Achillini,se ne ritornarono col grosso dell'esercito,lasciando soltanto sei mila uomini in Susa,per mantenere il passo,e per caparra del trattato.
Mentre quell'esercito se n'andava da una parte,quello di Ferdinando s'avvicinava dall'altra;
aveva invaso il paese de' Grigioni e la Valtellina; si disponeva a calar nel milanese.Oltre tutti i danni che si potevan temere da un tal passaggio,eran venuti espressi avvisi al tribunale della sanità, che in quell'esercito covasse la peste,della quale allora nelle truppe alemanne,c'era sempre qualche sprazzo,come dice il Varchi,parlando di quella che,un secolo avanti,avevan portata in Firenze.



Cap.XXVIII,r.492.

                        Da tutti i portamenti di don Gonzalo,pare che avesse una gran smania d'acquistarsi un posto nella storia,la quale infatti non poté non occuparsi di lui[LITOTE];ma(come spesso accade) non conobbe,o non si curò di registrare l'atto di lui più degno di memoria,la risposta che diede al Tadino in quella circostanza.Rispose che non sapeva cosa farci; che i motivi d'interesse e di riputazione,per i quali s'era mosso quell'esercito,pesavan più che il pericolo rappresentato; che con tutto ciò si cercasse di riparare alla meglio,e si sperasse nella Provvidenza.[ NOTA: non andò esattamente così; v. nota 492,p.493 dell'edizione curata da Sapegno-Viti.]



Cap.XXVIII,r.500.

                          Per riparar dunque alla meglio,i due medici della Sanità (il Tadino suddetto e Senatore Settala,figlio del celebre Lodovico) proposero in quel tribunale che si proibisse sotto severissime pene di comprar roba di nessuna sorte da' soldati ch'eran per passare; ma non fu possibile far intendere la necessità d'un tal ordine al Presidente,"uomo",dice il Tadino," di molta bontà, che non poteva creder dovesse succedere incontri di morte di tante migliaia di persone,per il commercio di questa gente,et loro robbe".



Cap.XXVIII,r.510.

                         In quanto a don Gonzalo,poco dopo quella risposta,se ne andò da Milano;...[fine agosto-primi di settembre del 1629].Buon Anniversario,Ambra.


CONTINUA CON ALTRI BRANI DEL CAPITOLO XXVIII.





venerdì 30 ottobre 2015

A.MANZONI.Panni in arno 96.cap.XXVIII.

ALESSANDRO MANZONI,I PROMESSI SPOSI,CAPITOLO VENTOTTESIMO. LETTO E CAPITO?



UTILE,PER VERIFICARNE LA COMPRENSIONE,RISPONDERE,PER OGNI BRANO DI SEGUITO PROPOSTO,A DUE DOMANDE:
1)SAPIC(SIAMO AL PUNTO IN CUI...),
2)LPVD(LE PAROLE VOGLIONO DIRE...).



CORAGGIO,BASTA POCO! E...SEMPRE TESTO DEL ROMANZO A PORTATA DI MANO....







Per ogni brano del capitolo XXVIII de I Promessi Posi ,provare a rispondere come esemplificato in lemarancio panni in Arno 3.



Cap.XXVIII,r.287.

                             "Vidi io,"scrive il Ripamonti,"nella strada che gira le mura,il cadavere d'una donna...Le usciva di bocca dell'erba mezzo rosicchiata,e le labbra facevano ancora quasi un atto di sforzo rabbioso...Aveva un fagottino in  ispalla, e attaccato con le fasce al petto un bambino,che piangendo chiedeva la poppa...Ed erano sopraggiunte persone compassionevoli,le quali,raccolto il meschinello di terra, lo portavan via,adempiendo così intanto il primo ufizio materno."



Cap.XXVIII,r.315.

                          Così passò l'inverno e la primavera: e già da qualche tempo il tribunale della sanità andava rappresentando a quello della provvisione il pericolo del contagio,che sovrastava la città, per tanta miseria ammontata in ogni parte di essa;e proponeva che gli accattoni venissero raccolti in diversi ospizi.



Cap.XXVIII,r.322.

                          Nel tribunale di provvisione vien proposto,come più facile e speditivo,un altro ripiego,di radunar tutti gli accattoni,sani e infermi,in un sol luogo,nel lazzeretto,dove fossero mantenuti e curati a spese del pubblico; e così vien risoluto,contro il parere della Sanità,la quale opponeva che,in una così gran riunione,sarebbe cresciuto il pericolo a cui si voleva metter riparo.Il lazzeretto di Milano( se,per caso,questa storia capitasse nelle mani di qualcheduno che non lo conoscesse,né di vista,né per descrizione)è un recinto quadrilatero e quasi quadrato,fuori della città, a sinistra della porta detta orientale,distante dalle mura lo spazio della fossa,d'una strada di circonvallazione,e d'una gora che gira il recinto medesimo.



Cap.XXVIII,r.335.

                      Le stanzine eran dugent'ottantotto,o giù di lì: a' nostri giorni,una grande apertura fatta nel mezzo,e una piccola,in un canto della facciata del lato che costeggia la strada maestra,ne hanno portate via non so quante.



Cap.XXVIII,r.341.

                    La prima destinazione di tutto quanto l'edifizio,cominciato nell'anno 1489,co' danari d'un lascito privato,continuato poi con quelli del pubblico e d'altri testatori e donatori,fu,come l'accenna il nome stesso, di ricoverarvi,all'occorrenza, gli ammalati di peste.



Cap.XXVIII,r.355.

                   Molti vi concorsero volontariamente; tutti quelli che giacevano infermi per le strade e per le piazze,ci vennero trasportati; in pochi giorni,ce ne fu,tra gli uni e gli altri,più di tremila.



Cap.XXVIII,r. 360.

                          ...o quella diffidenza de' poveri per tutto ciò che vien loro proposto da chi possiede le ricchezze e il potere...



Cap.XXVIII,367.

                         Si mandaron in ronda i birri che cacciassero gli accattoni al lazzeretto,e vi menassero legati quelli che resistevano;...



Cap.XXVIII,r.373.

                        ...il numero de' ricoverati,tra ospiti e prigionieri,s'accostò a dieci mila.



Cap.XXVIII,r.410.

                          E non farà stupore che la mortalità crescesse e regnasse in quel recinto a segno di prendere aspetto e,presso molti,nome di pestilenza:sia che la riunione e l'aumento di tutte quelle cause non facesse che aumentare l'attività d'un'influenza puramente epidemica;sia ( come par che avvenga nelle carestie anche men gravi e men prolungate di quella) che vi avesse luogo un certo contagio...



Cap.XXVIII,r.421.

                      .....    sia poi che il contagio scoppiasse da principio nel lazzeretto medesimo,come da un'oscura e inesatta relazione,par che pensassero i medici dell Sanità; sia che vivesse e andasse covando prima d'allora(ciò che par forse più verisimile,chi pensi come il disagio era già antico e generale,e la mortalità già frequente), e che portato in quella folla permanente,vi si propagasse con nuova e terribile rapidità.Qualunque di queste congetture sia la vera,il numero giornaliero de' morti nel lazzeretto oltrepassò in poco tempo il centinaio.



Cap.XXVIII,r.432.

                      S'aprì il lazzeretto,si licenziaron tutti i poveri non ammalati che ci rimanevano, e che scapparon fuori con una gioia furibonda[OSSIMORO?].



Cap.XXVIII,r.437.

                    Gl'infermi furon trasportati a Santa Maria della Stella,allora ospizio di poveri; dove la più parte perirono.



Cap.XXVIII,r.441.

                     Il buon Federigo gli accomiatò con un ultimo sforzo,e con un nuovo ritrovato di carità: a ogni contadino che si presentasse all'arcivescovado, fece dare un giulio,e una falce da mietere.



CONTINUA CON ALTRI BRANI DEL CAPITOLO XXVIII.





giovedì 29 ottobre 2015

A.MANZONI.Panni in arno 95.cap.XXVIII.


ALESSANDRO MANZONI,I PROMESSI SPOSI,CAPITOLO VENTOTTESIMO, LETTO E CAPITO?



UTILE,PER VERIFICARNE LA COMPRENSIONE,RISPONDERE,PER OGNI BRANO DI SEGUITO PROPOSTO,A DUE DOMANDE:
1)SAPIC(SIAMO AL PUNTO IN CUI...),
2)LPVD(LE PAROLE VOGLIONO DIRE...).



CORAGGIO...BASTA POCO! E...SEMPRE TESTO DEL ROMANZO A PORTATA DI CONSULTAZIONE...






Per ogni brano del capitolo XXVIII de I Promessi Sposi,provare a rispondere come esemplificato in lemarancio  panni in Arno 3.



Cap.XXVIII,r.93.

                         A questi effetti generali s'aggiunga quattro disgraziati,impiccati come capi del tumulto: due davanti al forno delle grucce,due in cima della strada dov'era la casa del vicario di provvisione.



Cap.XXVIII,r.105.

                       Troviamo bensì nelle relazioni di più d'uno storico(inclinati,com'erano,più a descrivere grand'avvenimenti,che a notarne le cagioni e il progresso) il ritratto del paese,e della città principalmente,nell'inverno avanzato e nella primavera,quando la cagion del male,la sproporzione cioè tra i viveri e il bisogno,non distrutta,anzi accresciuta da' rimedi che ne sospesero temporaneamente gli effetti,e neppure da un'introduzione sufficiente di granaglie estere,alla quale ostavano l'insufficienza de' mezzi pubblici e privati,la penuria de' paesi circonvicini,la scarsezza, la lentezza e i vincoli del commercio,e le leggi stesse tendenti a produrre e mantenere il prezzo basso,quando,dico,la cagion vera della CARESTIA,o per dir meglio,la carestia stessa operava senza ritegno,e con tutta la sua forza.  [ 1628-29:Carestia non Peste,che scoppierà nel 1630,tra qualche capitolo...non si faccia confusione tra l'una e l'altra.]



Cap.XXVIII,r.117.

                        A ogni passo,botteghe chiuse; le fabbriche in gran parte deserte;le strade,un indicibile spettacolo,un corso incessante di miserie,un soggiorno perpetuo di patimenti.




Cap.XXVIII,r.122.

                       Garzoni e giovani licenziati da padroni di bottega,che,scemato o mancato affatto il guadagno giornaliero,vivevano stentatamente degli avanzi e del capitale;....



Cap.XXVIII,r.136.

                     E a tutti questi diversi indigenti s'aggiunga un numero d'altri,avvezzi in parte a vivere del guadagno di essi: bambini,donne,vecchi,raggruppati co' loro antichi sostenitori,o dispersi in altre parti all'accatto.



Cap.XXVIII,r.140.

                  C'eran pure,e si distinguevano ai ciuffi arruffati,ai cenci sfarzosi[OSSIMORO],o anche a un certo non so che nel portamento e nel gesto,a quel marchio che le consuetudini stampano su' visi,tanto più rilevato e chiaro,quanto più sono strane, molti di quella genia de' bravi che,perduto,per la condizione comune,quel loro pane scellerato, ne andavan chiedendo per carità.



Cap.XXVIII,r.151.

                        Ma forse il più brutto e insieme il più compassionevole spettacolo erano i contadini,scompagnati,a coppie,a famiglie intere;mariti,mogli,con bambini in collo,o attaccati dietro le spalle,con ragazzi per la mano,con vecchi dietro.



Cap.XXVIII,r.180.

                       Qua e là per le strade,rasente ai muri delle case,qualche po' di paglia pesta, trita e mista d'immondo ciarpume.



Cap.XXVIII,r.196.

                 Ogni mattina,le tre coppie si mettevano in istrada da diverse parti,s'avvicinavano a quelli che vedevano abbandonati per terra,e davano a ciascheduno secondo il bisogno.



Cap.XXVIII,r.223.

               Aveva fatte gran compere di granaglie,e speditane una buona parte ai luoghi della diocesi,che n'eran più scarsi;ed essendo il soccorso troppo inferiore al bisogno,mandò anche del sale,"con cui", dice,raccontando la cosa,il Ripamonti,"l'erbe del prato e le cortecce degli alberi si convertono in cibo"(Historiae  Patriae,Decadis V..)



Cap.XXVIII,r.230.

                           nel palazzo arcivescovile,come attesta uno scrittore contemporaneo,il medico Alessandro Tadino,in un suo 'Ragguaglio' che avremo spesso occasion di citare andando avanti, si distribuivano ogni mattina due mila scodelle di minestra di riso.(Ragguaglio dell'origine et giornali successi della gran peste contagiosa venefica et malefica seguita nella città di Milano etc. Milano,1648,pag.10.)



Cap.XXVIII,r.258.

                         E' cosa notabile che,in un tanto eccesso di stenti,in una tanta varietà di querele,non si vedesse mai un tentativo,non iscappasse mai un grido di sommossa....



Cap.XXVIII,r.263.

                       Né si può pensare che l'esempio de' quattro disgraziati che n'avevan portata la pena per tutti,fosse quello che ora li tenesse tutti a freno: qual forza poteva avere,non la presenza,ma la memoria de' supplizi sugli animi d'una moltitudine vagabonda e riunita,che si vedeva come condannata a un lento supplizio,che già lo pativa? Ma noi uomini siam in generale fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani,e ci curviamo in silenzio sotto gli estremi;sopportiamo,non rassegnati ma stupidi,il colmo di ciò che da principio avevamo chiamato insopportabile.( Chissà come sarà d'accordo Tucidide che descriveva in Storie,l.III,82 e 83, l'ANTROPINON,cioè la natura sempre uguale degli uomini.)



Cap.XXVIII,r.272.

                    Il voto che la MORTALITÀ faceva ogni giorno in quella deplorabile moltitudine,veniva ogni giorno più che riempito;era un concorso continuo,prima da' paesi circonvicini....



Ciao Ambra,abbiamo fatto entrare Tucidide anche ne I Promessi Sposi,fra qualche tempo,gli dedicheremo vari post...Poteva essere diversamente?



CONTINUA CON ALTRI BRANI DEL CAPITOLO XXVIII,LUNGHISSIMO E DI NON FACILE COMPRENSIONE.

QUANTI LO HANNO LETTO?





                            

mercoledì 28 ottobre 2015

A.MANZONI.Panni in arno 94.cap.XXVIII.

ALESSANDRO MANZONI,I PROMESSI SPOSI,CAPITOLO VENTOTTESIMO. LETTO E CAPITO?



UTILE,PER VERIFICARNE LA COMPRENSIONE,RISPONDERE,PER OGNI BRANO DI SEGUITO PROPOSTO,A DUE DOMANDE:
1) SAPIC( SIAMO AL PUNTO IN CUI...),
2)LPVD(LE PAROLE VOGLIONO DIRE...).



CORAGGIO,COSTA POCO....E ...SEMPRE TESTO DEL ROMANZO A PORTATA DI CONSULTAZIONE!







Per ogni brano del capitolo XXVIII de I Promessi Sposi,provare a rispondere come esemplificato in lemarancio panni in arno3.



Cap.XXVIII,r.4.

                      Coloro che,in que' due giorni,s'erano addati a urlare o a far anche qualcosa di più, avevano ora(meno alcuni pochi stati presi)di che lodarsi: e non crediate che se ne stessero,appena cessato quel primo spavento delle catture.



Cap.XXVIII,r.11.

                         Assediavano i fornai e i farinaioli,come già avevano fatto in quell'altra fattizia e passeggiera abbondanza prodotta dalla prima tariffa d'Antonio Ferrer;...



Cap.XXVIII,r.16.

                         ...non dico impossibile la lunga durata,che già lo era per sé, ma sempre più difficile anche la continuazione momentanea.



Cap.XXVIII,r.18.

                         Pubblicò una grida,con la quale,a chiunque avesse granaglie o farine in casa,veniva proibito di comprarne né punto né poco,e ad ognuno di comprar pane,per più che il bisogno di due giorni,'sotto pene pecuniarie e corporali,all'arbitrio di Sua Eccellenza. ..  '...



Cap.XXVIII,r.28.

                          ...e certo,se tutte quelle che si pubblicavano in quel tempo erano eseguite[ PERIODO IPOTETICO del TERZO TIPO],il ducato di Milano doveva avere almeno tanta gente in mare,quanta ne possa avere ora la Gran Bretagna.



Cap.XXVIII,r.34.

                       ....s'era,dico,immaginato di far entrare il riso nel composto del pane detto di 'mistura'.
Il 23 di novembre,grida che sequestra,agli ordini del vicario e de' dodici di provvisione,la metà del riso 'vestito'(risone lo dicevan qui,e lo dicon tuttora)....



Cap.XXVIII,r.51.

                    Al riso brillato era già stato fissato il prezzo prima della sommossa; come probabilmente la tariffa o,per usare quella denominazione celeberrima negli annali moderni, il maximum del grano e dell'altre granaglie più ordinarie sarà stato fissato con altre gride,che non c'è avvenuto di vedere. Mantenuto così il pane e la farina a buon mercato in Milano,ne veniva di conseguenza che dalla campagna accorresse gente a processione a comprare.



Cap.XXVIII,r.64.

                    La moltitudine aveva voluto far nascere l'abbondanza col saccheggio e con l'incendio; il governo voleva mantenerla con la galera e con la corda.



Cap.XXVIII,r.69.

                         ....ognuno era una conseguenza inevitabile dell'antecedente,e tutti del primo, che fissava al pane un prezzo così lontano dal prezzo reale,da quello cioè che sarebbe risultato naturalmente dalla proporzione tra il bisogno e la quantità.



Cap.XXVIII,r.80.

                    In un paese e in un'epoca vicina,nell'epoca la più clamorosa e la più notabile della storia moderna,si ricorse,in circostanze simili, a simili espedienti...



Cap.XXVIII,r.84.

                     ...ad onta de' tempi tanto cambiati,e delle cognizioni cresciute in Europa,e in quel paese forse più che altrove;e ciò principalmente perché la gran massa popolare,alla quale quelle cognizioni non erano arrivate,poté far prevalere a lungo il suo giudizio,e forzare,come colà si dice,la mano a quelli che facevano la legge.



CONTINUA CON ALTRI BRANI DEL CAPITOLO XXVIII.











A.MANZONI.Panni in arno 93.sch.c.XXVII.

ALESSANDRO MANZONI,I PROMESSI SPOSI,CAPITOLO VENTISETTESIMO,LETTO E CAPITO?



QUI DI SEGUITO ,UNO SCHEMA CHE,OLTRE A UNA PANORAMICA DEL CAPITOLO,FORNISCE,SU DUE PIANI DISTINTI,IL "DI DENTRO"(STUDIO PSICOLOGICO) E " IL DI FUORI"(AZIONE) DEI VARI PERSONAGGI.
UTILE PER RISPONDERE A SAPIC(SIAMO AL PUNTO IN CUI...) DEI BRANI PROPOSTI NEI POST PRECEDENTI A QUESTO.



NB.
SU QUALCHE DEVICE,LE DUE COLONNE DELLO SCHEMA POTREBBERO SOVRAPPORSI.
NEL CASO CONSULTARE LA SEZIONE FOTO IN FONDO A QUESTO POST.







Schema del capitolo XXVII de I Promessi Sposi,utile anche per sapic(v.lemarancio panni in Arno 3.)



                                  C A P I T O L O              V E N T I S E T T E S I M O.



            Azione.                                                            Studio psicologico.



        A chi è rivolta l'opera: spiegazione ( di Manzoni) di un fatto storico potenzialmente sconosciuto
                            al lettore del romanzo.



1) Renzo,dal bergamasco,tenta di                                  1)Interpretazione molto complicata
scrivere una lettera ad Agnese, e la                                del contenuto delle lettere,per il
fa recapitare a Pescarenico.Non riceve                          fatto che Renzo e Agnese non
risposta e fa scrivere un'altra lettera                               sanno scrivere e quindi si devono
indirizzandola al paese di Agnese.                                 affidare a terze persone.





2)Agnese riceve finalmente la lettera
di Renzo e fa rispondere,affidandosi
per la stesura,a suo cugino Alessio.



3)Agnese manda a Renzo la dote che                                   2)Renzo non si rassegna.
l'innominato aveva donato a Lucia,
dicendo al giovane di rassegnarsi.



4)Agnese scrive a Lucia (che è a Milano)                                3)Lucia non riesce a dimenticare
che Renzo sta bene.                                                                      Renzo.



5)Donna Prassede e Lucia.                                                         4)Lucia difende Renzo in cuor suo.
                                                                                                           5)Donna Prassede tormenta Lucia.
                                                                                                         6)Donna Prassede tormenta anche
                                                                                                         le sue cinque figlie: tre monache e
                                                                                                          due maritate.



6)La biblioteca di don Ferrante piena                                   7) Don Ferrante,letterato in balia
di libri per lo più "strani".                                                          della moglie.



7)Passa un anno:autunno del 1629.



8)Si fissa l'incontro tra Agnese e
Lucia,al paese del sarto,per la
imminente villeggiatura di donna
Prassede.



9)I Lanzi invadono il milanese:
la villeggiatura e l'incontro vengono
annullati.




CONTINUA CON BRANI DEL CAPITOLO XXVIII.




                                                                                              


martedì 27 ottobre 2015

A.MANZONI.Panni in arno 92.cap.XXVII.

ALESSANDRO MANZONI,I PROMESSI SPOSI,CAPITOLO VENTISETTESIMO. LETTO E CAPITO?



UTILE,PER VERIFICARNE LA COMPRENSIONE,RISPONDERE,PER OGNUNO DEI BRANI DI SEGUITO PROPOSTI,A DUE DOMANDE:
1)SAPIC(SIAMO AL PUNTO IN CUI...),
2)LPVD(LE PAROLE VOGLIONO DIRE...).



CORAGGIO...BASTA POCO. E...SEMPRE TESTO DEL ROMANZO A PORTATA DI CONSULTAZIONE!







Per ogni brano del capitolo XXVII de I Promessi Sposi,provare a rispondere come esemplificato in lemarancio panni in Arno 3.



Cap.XXVII,r.366.

                       Ma cos'è mai la storia,diceva spesso don Ferrante,senza la politica?



Cap.XXVII,r.369.

                     C'era dunque ne' suoi scaffali un palchetto assegnato agli statisti; dove ,tra molti di piccola mole,e,di fama secondaria,spiccavano il Bodino,il Cavalcanti,il Sansovino,il Paruta ,il Boccalini.



Cap.XXVII,r.375.

                          ....l'uno,il Principe e i Discorsi del celebre segretario fiorentino[ANTONOMASIA];mariolo sì, diceva don Ferrante,ma profondo:l'altro,la Ragion di Stato del non men celebre Giovanni Botero;galantuomo sì, diceva pure,ma acuto.



Cap.XXVII,r.379.

                   ....passando avanti anche all'opere di que' due matadori ,diceva don Ferrante; il libro in cui si trovano racchiuse e come stillate tutte le malizie,per poterle conoscere,e tutte le virtù, per poterle praticare; quel libro piccino,ma tutto d'oro; in una parola,lo Statista Regnante di don Valeriano Castiglione....[Segue un elenco lunghissimo di personaggi potentissimi che si contendevano l'amicizia del Castiglione.
Manzoni li elenca per dimostrare la fallacia dei giudizi dei contemporanei su libri e scrittori. E che contemporanei:Urbano VIII,il cardinal Borghese,il viceré di Napoli,Luigi XIII,Richelieu,Carlo Emanuele di Savoia,la duchessa Cristina,figlia di EnricoIV].



Cap.XXVII,r.395.

                       Ma se,in tutte le scienze suddette,don Ferrante poteva dirsi addottrinato,una ce n'era in cui meritava il titolo di professore:la scienza cavalleresca.



Cap.XXVII,r.398.

                   Aveva nella sua libreria,e si può dire in testa,le opere degli scrittori più riputati in tal maniera:Paride dal Pozzo,Fausto da Longiano,l'Urrea,il Muzio,il Romei,l'Albergato, il Forno primo e il Forno secondo di Torquato Tasso...



Cap.XXVII,r.404.

                  L'autore però degli autori,nel suo concetto,era il nostro celebre Franco Birago,con cui si trovò anche,più d'una volta,a dar giudizio sopra casi d'onore;....



Cap.XXVII,r.407.

               E fin da quando vennero fuori i Discorsi Cavallereschi di quell'insigne scrittore,don Ferrante pronosticò, senza esitazione,che quest'opera avrebbe rovinata l'autorità dell'Olevano...



Cap.XXVII,r.413.

                      Da questo passa poi alle lettere amene;ma noi cominciamo a dubitare se veramente il lettore abbia una gran voglia d'andar avanti in questa rassegna...



Cap.XXVII,r.419.

                      Però, lasciando scritto quel che è scritto,per non perder la nostra fatica,ometteremo il rimanente,[della biblioteca]per rimetterci in strada....



Cap.XXVII,r.425.

                      Fino all'autunno del seguente anno 1629,rimasero tutti,chi per volontà, chi per forza,nello stato a un di presso in cui gli abbiam lasciati,senza che ad alcuno accadesse,né che alcun altro potesse far cosa degna d'esser riferita.



P.S. E' possibile elencare le parti in cui,per argomento,era divisa la biblioteca di don Ferrante.

Almeno 8,Manzoni le nomina.



LIBRO ALLA MANO E FARE L'ELENCO....DAI...




FINE BRANI CAPITOLO XXVII,PROSSIMO POST,SCHEMA.









lunedì 26 ottobre 2015

A.MANZONI.Panni in arno 91.cap.XXVII.

ALESSANDRO MANZONI,I PROMESSI SPOSI,CAPITOLO VENTISETTESIMO. LETTO E CAPITO?



UTILE, PER VERIFICARNE LA COMPRENSIONE,RISPONDERE,PER OGNUNO DEI BRANI DI SEGUITO PROPOSTI,A DUE DOMANDE:
1)SAPIC(SIAMO AL PUNTO IN CUI...),
2)LPVD( LE PAROLE VOGLIONO DIRE...).



CORAGGIO...BASTA POCO. E....SEMPRE TESTO DEL ROMANZO A PORTATA DI MANO!







Per ogni brano del capitolo XXVII de I Promessi Sposi,provare a rispondere come esemplificato in lemarancio panni in Arno 3.



Cap.XXVII,r.298.

                         Don Ferrante passava di grand'ore nel suo studio ,dove  aveva una raccolta di libri considerabile,poco meno di trecento volumi:....



Cap.XXVII,r.301.

                       Nell'astrologia,era tenuto,e con ragione, per più che un dilettante;perché non ne possedeva soltanto quelle nozioni generiche,e quel vocabolario comune,d'influssi,d'aspetti,di congiunzioni;ma sapeva parlare a proposito e come dalla cattedra,...



Cap.XXVII,r.308.

                          ....sosteneva la domificazione del Cardano contro un altro dotto attaccato ferocemente a quella dell'Alcabizio,per mera ostinazione,diceva don Ferrante;...



Cap.XXVII,r.317.

                           Della filosofia antica aveva imparato quanto poteva bastare,e n'andava di continuo imparando di più, dalla lettura di Diogene Laerzio..Siccome però que' sistemi,per quanto siano belli,non si può adottarli tutti;e a voler esser filosofo,bisogna scegliere un autore,così don Ferrante aveva scelto Aristotile,il quale,come diceva lui,non è né antico,né moderno; è il filosofo.



Cap.XXVII,r.324.

Per eccezione però, dava luogo nella sua libreria a que' celebri ventidue libri De Subtilitate,e a qualche altr'opera antiperipatetica del Cardano,in grazia del suo valore in astrologia; dicendo che chi aveva potuto scrivere il trattato De restitutione temporum et motuum coelestium, e il libro Duodecim geniturarum,meritava d'esser ascoltato,anche quando spropositava;...



Cap.XXVII,r.334.

                    ....e più d'una volta disse,con gran modestia, che l'essenza,gli universali,l'anima del mondo,e la natura delle cose non eran cose tanto chiare,quanto si potrebbe credere.



Cap.XXVII,r.337.

                          Della filosofia naturale s'era fatto più un passatempo che uno studio; l'opere stesse d'Aristotile su questa materia,e quelle di Plinio le aveva piuttosto lette che studiate:...



Cap.XXVII r.340.

                      ...con qualche scorsa data alla Magia Naturale del Porta,alle tre storie lapidum,animalium,plantarum, del Cardano,al Trattato dell'erbe,delle piante,degli animali,d'Alberto Magno,a qualche altr'opera di minor conto,sapeva a tempo trattenere una conversazione ragionando delle virtù più mirabili e delle curiosità più singolari di molti semplici; descrivendo esattamente le forme e l'abitudini delle sirene e dell'unica fenice;...



Cap. XXVII,r.352.

                    In quelli della magia e della stregoneria s'era internato di più,trattandosi,dice il nostro anonimo, di scienza molto più in voga e necessaria,e nella quale i fatti sono di molto maggiore importanza,e più a mano,da poterli verificare.



Cap.XXVII,r.357.

                        E con la scorta principalmente del gran Martino Delrio(l'uomo della scienza), era in grado di discorrere ex professo del maleficio amatorio,del maleficio sonnifero,del maleficio ostile,....



Cap.XXVII,r.362.

                       Ugualmente vaste e fondate eran le cognizioni di don Ferrante in fatto di storia, specialmente universale: nella quale i suoi autori erano il Tarcagnota,il Dolce,il Bugatti,il Campania,il Guazzo,i più riputati in somma.


 Ciao gioie.



CONTINUA CON ALTRI BRANI DEL CAPITOLO XXVII.






A.MANZONI.Panni in arno 90.cap.XXVII


ALESSANDRO MANZONI,I PROMESSI SPOSI,CAPITOLO VENTISETTESIMO,LETTO E CAPITO?



UTILE, PER VERIFICARNE LA COMPRENSIONE, RISPONDERE,PER OGNI BRANO DI SEGUITO PROPOSTO,A DUE DOMANDE:

1) SAPIC(SIAMO AL PUNTO IN CUI...),
2)LPVD(LE PAROLE VOGLIONO DIRE...).



CORAGGIO,COSTA POCO...E....SEMPRE TESTO DEL ROMANZO A PORTATA DI CONSULTAZIONE.







Per ogni brano del capitolo XXVII de I Promessi Sposi,provare a rispondere come esemplificato in lemarancio panni in Arno 3.



Cap.XXVII,r.69.

                       Era informato, da tutt'altra parte,che a Venezia avevano alzata la cresta,per la sommossa di Milano;che da principio avevan creduto che sarebbe costretto a levar l'assedio da Casale,e pensavan tuttavia che ne fosse ancora sbalordito,e in gran pensiero:tanto più che,subito dopo quell'avvenimento,era arrivata la notizia,sospirata da que' signori e temuta da lui,della resa della Roccella.



Cap.XXVII,r.78.

                      ...e perciò essendo venuto il residente di Venezia a fargli un complimento,e ad esplorare insieme,nella sua faccia e nel suo contegno,come stesse dentro di sé ( notate tutto; ché questa è politica di quella vecchia, fine),don Gonzalo,dopo aver parlato del tumulto,leggermente e da uomo che ha già messo riparo a tutto,fece quel fracasso che sapete a proposito di Renzo;come sapete anche quel che ne venne in conseguenza.



Cap.XXVII,r.141.

                          Quando la lettera così composta arriva alle mani del corrispondente,che anche lui non abbia pratica dell'abbici',la porta a un altro dotto di quel calibro,il quale gliela legge e gliela spiega.



Cap.XXVII,r.149.

                          Che se,per di più, il soggetto della corrispondenza è un po' geloso; se c'entrano affari segreti,che non si vorrebbero lasciar capire a un terzo,caso mai che la lettera andasse persa;...



Cap.XXVII,r.159.

                       Da principio,oltre un racconto della fuga,molto più conciso,ma anche più arruffato di quello che avete letto,un ragguaglio delle sue circostanze attuali;dal quale,tanto Agnese quanto il suo turcimanno furono ben lontani di ricavare un costrutto chiaro e intero: avviso segreto,cambiamento di nome,esser sicuro,ma dovere star nascosto;cose per sé non troppo famigliari a' loro intelletti,e nella lettera dette anche un po' in cifra.



Cap.XXVII,r.178.

                          ...la tremenda storia di quella persona(così diceva);e qui rendeva ragione de' cinquanta scudi;poi veniva a parlar del voto,ma per via di perifrasi,aggiungendo,con parole più dirette e aperte,il consiglio di mettere il cuore in pace,e di non pensarci più.



Cap.XXVII,r.191.

                       " ...che li ripongo,e li tengo in deposito,per la dote della giovine;che gia' la giovine dev'esser mia;che io non so di promessa...."



Cap.XXVII,r.221.

                 "Ebbene?"le diceva:" non ci pensiam più a colui?" "Io non penso a nessuno,"rispondeva Lucia.



Cap.XXVII,r.228.

                E allora principiava il panegirico del povero assente,del birbante venuto a Milano,per rubare e scannare; e voleva far confessare a Lucia le bricconate che colui doveva aver fatte sicuramente,anche al suo paese.



Cap.XXVII,r.254.

                  Se donna Prassede fosse stata spinta a trattarla in quella maniera da qualche odio inveterato contro di lei,forse quelle lacrime l'avrebbero tocca,e fatta smettere; ma parlando a fin di bene,tirava avanti,senza lasciarsi smovere: come i gemiti,i gridi supplichevoli,potranno ben trattenere l'arme d'un nemico,ma non il ferro d'un chirurgo.



Cap.XXVII,r.274.

               Tre eran monache,due maritate;e donna Prassede si trovava naturalmente aver tre monasteri e due case a cui soprintendere.



Cap.XXVII,r.279.

             Era una guerra,anzi cinque guerre,coperte,gentili,fino a un certo segno,ma vive e senza tregua:era in tutti que' luoghi un'attenzione continua a scansare la sua premura,a chiuder l'adito a' suoi pareri,a eludere le sue richieste,a far che fosse al buio,più che si poteva,d'ogni affare.


  Ciao,mon amour.



CONTINUA CON ALTRI BRANI DEL CAPITOLO XXVII.










domenica 25 ottobre 2015

A.MANZONI.Panni in arno 89.c.XXVII.


ALESSANDRO MANZONI,I PROMESSI SPOSI,CAPITOLO VENTISETTESIMO,LETTO E CAPITO? SPECIALMENTE QUESTO?



UTILE, PER VERIFICARNE LA COMPRENSIONE,RISPONDERE,PER OGNI BRANO DI SEGUITO PROPOSTO,A DUE DOMANDE:
1)SAPIC(SIAMO AL PUNTO IN CUI...),
2)LPVD(LE PAROLE VOGLIONO DIRE...).



CORAGGIO,COSTA POCO....E....SEMPRE TESTO DEL ROMANZO A PORTATA DI MANO....







A differenza dei precedenti post su I Promessi Sposi,il presente è solamente informativo.Riprenderemo sapic e lpvd con il post successivo.



Per comprendere i capitoli dal XXVII al XXXVI,è necessario dare un'informazione sommaria sull'organizzazione politico-istituzionale del ducato di Milano,nel Seicento.



Esso era una parte del regno di Spagna,allora sotto la dinastia degli Asburgo.A Milano il potere esecutivo e legislativo era nelle mani di un Governatore,scelto dal re. Nel 1628,governatore di Milano era don Gonzalo Fernandez di Cordova,e vice-governatore era Antonio Ferrer.



C'erano anche i seguenti organi istituzionali,composti per lo più da nobili locali:1)Il Consiglio Segreto;2)il Senato;3)il Consiglio dei Decurioni(una specie di governo);4)Tribunale della Sanità; 5)Vicariato di Provvisione;6)Tribunale di Giustizia;7)Capitano di Giustizia.



All'inizio del capitolo XXVII,( righe da 1 a 64),Manzoni descrive la situazione storica riguardante il ducato di Milano,(nel 1628) finito in un grosso intrigo  di politica internazionale.



Vale la pena di sentire cosa dice lo storico eccezionale,Alessandro Manzoni.



Cap.XXVII,rr.1-64.

                  Già più d'una volta c'è occorso di far menzione della guerra che allora bolliva, per la successione agli stati del duca Vincenzo Gonzaga,secondo di quel nome;ma c'è occorso sempre in momenti di gran fretta:sicché non abbiam mai potuto darne più che un cenno alla sfuggita.Ora però, all'intelligenza del nostro racconto, si richiede proprio d'averne qualche notizia più particolare.Son cose che chi conosce la storia le deve sapere;ma siccome,per un giusto sentimento di noi medesimi ,dobbiam supporre che questo'opera non possa esser letta se non da ignoranti,così non sarà male che ne diciamo qui quanto basti per infarinarne chi n'avesse bisogno.


Abbiam detto che,alla morte di quel duca,il primo chiamato in linea di successione,Carlo Gonzaga,capo d'un ramo cadetto trapiantato in Francia,dove possedeva i ducati di Nevers e di Rhetel,era entrato al possesso di Mantova;e ora aggiungiamo del Monferrato:che la fretta appunto ce l'aveva fatto lasciar nella penna.La corte di Madrid,che voleva a ogni patto(abbiam detto anche questo) escludere da que' due feudi il nuovo principe,e per escluderlo aveva bisogno d'una ragione(perché le guerre fatte senza una ragione sarebbero ingiuste),s'era dichiarata sostenitrice di quella che pretendevano avere,su Mantova ,un altro Gonzaga,Ferrante,principe di Guastalla;sul Monferrato ,Carlo Emanuele I,duca di Savoia,e Margherita Gonzaga,duchessa vedova di Lorena.


Don Gonzalo,ch'era della casa del gran capitano,e ne portava il nome,e che aveva già fatto la guerra in Fiandra,voglioso oltremodo di condurne una in Italia,era forse quello che faceva più fuoco,perché questa si dichiarasse;e intanto,interpretando l'intenzioni e precorrendo gli ordini della corte suddetta,aveva concluso col duca di Savoia un trattato d'invasione e di divisione del Monferrato; e n'aveva poi ottenuta facilmente la ratificazione dal conte duca,facendogli creder molto agevole l'acquisto di Casale,ch'era il punto più difeso della parte pattuita al re di Spagna.


Protestava però, in nome di questo,di non volere occupar paese,se non a titolo di deposito,fino alla sentenza dell'imperatore; il quale,in parte per gli ufizi altrui,in parte per i suoi propri motivi,aveva intanto negata l'investitura al nuovo duca,e intimatogli che rilasciasse a lui in sequestro gli stati controversi: lui poi,sentite le parti, li rimetterebbe a chi fosse di dovere.Cosa alla quale il Nevers non s'era voluto piegare.


   Aveva anche lui amici d'importanza: il cardinale di Richelieu,i signori veneziani,e il papa,ch'era,come abbiam detto,Urbano VIII.Ma il primo,impegnato allora nell'assedio della Roccella e in una guerra con l'Inghilterra,attraversato dal partito della regina madre,Maria de'Medici,contraria,per certi suoi motivi,alla casa di Nevers,non poteva dare che delle speranze.



I Veneziani non volevan moversi,e nemmeno dichiararsi,se prima un esercito francese non fosse calato in Italia;e,aiutando il duca sotto mano,come potevano,con la corte di Madrid e col governatore di Milano stavano sulle proteste,sulle proposte,sull'esortazioni,placide o minacciose,secondo i momenti.
Il papa raccomandava il Nevers agli amici,intercedeva in suo favore presso gli avversari,faceva progetti d'accomodamento; di metter gente in campo non ne voleva saper nulla.



Così i due alleati alle offese poterono,tanto più sicuramente,cominciar  l'impresa concertata.
Il duca di Savoia era entrato,dalla sua parte,nel Monferrato;don Gonzalo,aveva messo,con gran voglia,l'assedio a Casale; ma  non ci trovava tutta quella soddisfazione che s'era immaginato: che non credeste che nella guerra sia tutto rose.La corte non l'aiutava a seconda de' suoi desideri,anzi gli lasciava mancare i mezzi più necessari;l'alleato l'aiutava troppo: voglio dire che,dopo aver presa la sua porzione,andava spilluzzicando quella assegnata al re di Spagna.Don Gonzalo se ne rodeva quanto mai si possa dire;ma temendo,se faceva appena un po' di rumore,che quel Carlo Emanuele,così attivo ne' maneggi e mobile ne' trattati,come prode nell'armi, si voltasse alla Francia,doveva chiudere un occhio,mandarla giù e stare zitto. 



L'assedio poi andava male,in lungo,ogni tanto all'indietro,e per il contegno saldo,vigilante,risoluto degli assediati,e per aver lui poca gente,e,al dire di qualche storico,per i molti spropositi che faceva.Su questo noi lasciamo la verità a suo luogo,disposti anche,quando la cosa fosse realmente così, a trovarla bellissima,se fu cagione che in quell'impresa sia restato morto,smozzicato,storpiato qualche uomo di meno,e,ceteris paribus,anche soltanto un po' meno danneggiati i tegoli[METONIMIA] di Casale.
In questi frangenti ricevette la nuova della sedizione di Milano,e ci accorse di persona.



Albero genealogico dei duchi di Mantova.


                  Vincenzo I Gonzaga,morto nel 1612:aveva avuto i seguenti figli:

1)Francesco IV(±1612); 

2)Ferdinando II(duca dal 1612 al 1626);

3)VincenzoII(duca dal 26 al 27).


Francesco IV aveva avuto  ,come figlia,Maria che aveva sposato Carlo di Nevers,capo del ramo cadetto dei Gonzaga.


La moglie di Francesco IV e mamma di Maria era Margherita di Savoia,figlia di Carlo Emanuele I,che aveva portato
il Monferrato in dote ai Gonzaga,dopo averlo pacificato.


Nota alla riga 20 del cap.XXVII:la citata Margherita,è detta erroneamente da Manzoni Gonzaga vedova di Lorena,ma si tratta di Margherita di Savoia. Ciao Ambra.



CONTINUA CON BRANI TRATTI DAL CAPITOLO XXVII.